Date: 14/5/1892



Place: New York, Stati Uniti

ID: LLET031087




New York 14 Maggio 1892

65 Irving Place

 

Sig.r Diret.re della Gazzetta Musicale Milano

 

Signore

Il numero straordinario della Gazzetta da lei pubblicato per il Centenario di Rossini, mi suggerì l’idea di pubblicare a mia volta gli appunti qui appresso sul Gran Maestro. Però alla metà del lavoro, una malattia mi obbligo a sospenderlo per quasi un mese, ed è perciò che lo mando così in ritardo. Ma sul Rossini si scriverà molto ancora, Dunque spero che ella vorrà pubblicarli. Se però non le piacesse, o non fosse a sua Convenienza il farlo, La prego di inviarmi il manoscritto perché Forse allora mi deciderò a pubblicare un libbro più completo su Rossini avendo molte altre cose a dire che ho dovuto qui ommettere per non dilungarmi oltre misura.

Di ciò che le fo assoluta preghiera, e di non pubblicarne dei brani. O tutto, o nulla.

Mi creda con piena

osservanza suo Devoto

C. Moderati

(Privata)

 

 

[Pagina bianca]

 

 

Stimatissimo Sig.r direttore

della Gazzetta Musicale Milano

 

Ancora Rossini

 

Lessi con tutta l’attenzione che meritava il numero straordinario della Gazzetta del 29 febbraio scorso da Ella pubblicato in occasione del centenario della nascita di Rossini. Avendo io ho avuto la fortuna di conoscere Rossini fin dal 1849, mi permetta di rettificare qualche inesattezza nella quale ha incorso il suo giornale, a far meglio conoscere quel sommo genio quale fu, di fatto – e non quale fu creduto da molti ingannati da falsi racconti su di lui, o da sedicenti spiritosaggini di mal gusto affibbiatele da Tizio, e Caio che pretesero forse d’innalzarlo, mentre non fecero che ribassarlo.

Rossini fu certamente persona di molto spirito, ma ne usò sempre nei limiti di un sentimento di buon gusto, e perfetta educazione. Quanto dirò, sarà assoluta verità, e lo proverò con documenti che ognuno potrà verificare se le talenta.

È detto nella Gazzetta nell’articolo a Rossini dal 1829 – al 1868 = che esso dopo il suo Guglielmo Tell, dimorò più di trent’anni in Parigi, e che solo venne in Italia per breve soggiorno, nel 1842 quando assistette a Bologna all’esecuzione del suo Stabat. Ora, Rossini trovavasi in Bologna nel 1848 e non fece ritorno a Parigi dall’Italia che alla fine del 1854, o al prin- cipio del 1855 – vivendo tutto questo tempo fra Bologna e Firenze. Non so se dopo l’esecuzione dello Stabat, da Bologna Rossini tornasse a Parigi. Se ciò non fosse avvenuto (come credo) la sua dimora in Italia sarebbe stata di più di 12 anni, diversamente almeno di 6 dal 1848 – al 1854 – o 55 – e non come dice la Gazzetta di un breve soggiorno –, ad ora alla prova.

Nel 1848 – passando da Bologna con la 1.ma legione Romana di cui io facevo parte, legione che come è saputo andava in Lombardia in soccorso dei fratelli insorti nelle mirabili cinque giornate di Milano, fui testimonio di una dimostrazione fatta contro Rossini dai Bolognesi perché trovarono derisoria la sua contribuzione per la guerra Nazionale (credo un vecchio cavallo inservibile) ed un’insulto al municipio che avendolo pregato di comporre la musica di un’inno guerriero, Rossini si era contentato di adattare le parole al Coro dei Bardi della Donna del Lago. Lasciò subito Bologna e si recò a Firenze ove io lo trovai al mio ritorno da Lombardia dopo l’Assedio di Vicenza e la caduta di Roma (1849). Fu allora che la fui presentato dal conosciutissimo e suo intimo amico Cav. Masseroni. Ebbi dal sommo Maestro un’accoglienza affabilissima; s’informò dei miei studi musicali con molto interesse, e mi disse di andarlo spesso a vedere.

Ebbi la fortuna forse di farle buona impressione perché ogni qual volta tornavo a visitarlo mi riteneva lungo tempo. Avendo appreso verso la fine di Novembre che stavo musicando un libretto dell’Av.to Canovai dal titolo

– Il Cavaliere di Marillac, insistette perché le facessi vedere quello che già avevo composto, cosa che fra il timore e la gioia feci naturalmente.

Avevo terminati i 2 primi atti (il libretto era di 4) ed ero avanti con il 3.zo. Esaminò tutto con molta bontà, ed attenzione. Mi dette qualche eccellente consiglio, e congedandomi mi disse – «Mi rallegro con voi, terminate la vostra opera, bisognerà poi cercare di metterla in scena ed aver buoni cantanti, e son sicuro che avrete un’eccellente successo. Ognuno può immaginare con quale emozioni io escissi da quella casa; e come quelle parole mi restassero sempre impresse nella mente!. Se le ripeto non è certo per farmene una réclame, del resto inutile dacché da tanti anni mi sono dedicato esclusivamente all’insegnanza del canto, ma solo per mostrare quale era Rossini con i giovani artisti, mentre spesso fu dipinto egoista, o burlandosi di tutti.

Rossini si trovava in Bologna (1850) quando io ero in procinto di terminare l’Opera. Incoraggiato da quanto mi aveva detto, le scrissi pregandolo di raccomandarmi all’impresario della Pergola allora il Sig.r Bandini perché desse la mia Opera. La risposta non si fece attendere, ed in data dell’8 Ottobre 1850 – mi mandò una caldissima lettera di raccomandazione 22 per il Sig.r Bandini acclusa in una per me molto affettuosa, della quale mi limiterò a copiare le due ultime righe in prova di quanto dico. Eccole.

«Vi auguro fortuna perché la meritate. Valetevi di me ogni qual volta lo credete utile, e credetemi vostro Aff.mo G. Rossini»

Questa lettera, e la copia di quella per il Sig.r Bandini sono sempre in mio possesso, e ognuno che lo desidera potrà vederle, come pure altre due sue lettere scrittemi sempre da Bologna con le segnanti date 29 Gennaio 1851, e 11 Novembre dello stesso anno. Anzi, credo fare un regalo a chi leggerà queste note, copiando quella in data 29 Gennaio 1851, la quale non vendo nulla a che fare con la musica, proverà però una volta ancora quanto Rossini mi onorava della sua amicizia. Ecco la lettera

 

Al N. Sig.r Clito Moderati

distinto compositore di

musica.

 

Firenze

Via Calzaioli N.o 710.

3.o Piano

 

Caro Maestro e amico

Vi sarà consegnata una Sporta (franca di tutte spese) contenente Due Zamponi, e una Mortadella, e le rispettive ricette per la loro cottura, se troverete questi campioni passabili io ne sarò beato e potrò ripetere la dose. Siate felice e credete ognora alla stima ed affezione del

Vostro amico

G. Rossini.

Bologna 29 Gen.o 1851.

 

Nella primavera del 1852 – Rossini si trovava di nuovo in Firenze. Una mattina mi mandò a dire che andassi subito da lui. Vi andai immediatamente, e lo trovai in compagnia di un Signore. Appena mi vide mi disse – Moderatino (come aveva l’abitudine di chiamarmi) vuoi andare da direttore in Atene? – io risposi subito – sicuramente, non fosse che per conoscere quella interessante Città – Ebbene; soggiunse esso – ti presento l’impresario (additandomi il Signore che era lì) Mi è stato raccomandato, ed avendomi richiesto un direttore d’Opera per la prossima stagione ti ho proposto; dunque intendetevi per i patti, ed a suo tempo, buon viaggio. La scrittura fu subito fatta ed in Settembre m’imbarcai in Ancona per Atene. Tornato in Firenze da Atene e Costantinopoli nel Giugno del 1853 – la prima persona che fui naturalmente a vedere fu Rossini. Lo trovai molto sofferente e sotto l’impressione di che una nuova rivoluzione avrebbe tutto distrutto, e lo avrebbe ridotto alla mi- seria. Tale idea divenne per lui una fissazione, al punto che andava in giro con abiti laceri, e scarpe rotte!. Un giorno che io passeggiavo con lui in Via Calzaioli c’imbattemmo in Pietro Romani. Questo con la sua franchezza abituale lo abordò dicendole «ebbene come va questo povero milionario»? e Rossini di rispondergli – ... scherza, scherza tu – quando ti avranno spogliato di tutto te ne accorgerai... Romani rispose – A me poco possono prendere, ma se vuoi darmi un quarto della tua fortuna ti manderò un paio di scarpe senza buchi, e me la goderò. Fu in quell’epoca che Rossini fece molti vitalizi ad eccellenti condizioni perché tutti credevano che non vivrebbe più di uno o due anni. Intanto la sua salute non faceva che peggiorare, e la paura di una nuova rivoluzione le cagionò una prostrazione nervosa tanto forte, da non permetterle che raramente di alzarsi da una poltrona. Tutti i contemporanei di quell’epoca in Firenze, e posso avere la fortuna di citare fra essi i miei colleghi e antichi amici Mabellini, Vannuccini e Cortesi, sono certo che si rammenteranno di quella trista fase della vita del sommo Maestro [co]me la rammento io.

Poche persone allora riceveva Rossini, che era di un’umore deplorevole, e quando avrò nominato Masseroni, il Principe Carlo Poniatovski, la Contessa Orsini nata Orloff, il maestro Manetti ed io, credo di averle nominate quasi tutte. Un giorno che come al solito fui a visitarlo lo trovai come di abitudine seduto nella poltrona avanti al suo scrittoio tenendo un crocifisso in mano (La croce di ebano e il Cristo d’avorio) battendolo spietatamente sul tavolo. Io le dissi «Maestro, cosa vi ha fatto questo povero diavolo?» e Rossini «di piuttosto questo baron f… – le domandai perché? – perché? perché? rispose lui – dicono che esso può tutto, veda tutto, e nulla si fa senza la sua volontà!. se così è, perché mi fa tanto soffrire? – Io le raccontai una istorietta di un cristo grande, e un cristo piccolo nella quale il piccolo era esonerato di responsabilità perché ancora fanciullo. Ciò lo diradò, e rispondendo il suo buon sorriso mi disse – dunque non foste fortunato con Bandini? (l’impresario della Pergola che aveva lasciato l’impresa con la stagione 1851-52). Ora ha il teatro Luigi Bonzi mio amico – vedremo, … se potessi muovermi!... lo pregherò di venire da me. Il 30 Settembre 1853 – il Bonzi mi scritturò per la mia Opera alla Pergola per la stagione di Primavera 1854. Questa scrittura è sempre in mio possesso. Ma era detto che la mia Opera non doveva darsi a Firenze perché l’Impresa Bonzi fece fallita.

Qui sono costretto a parlare di me per dire come nel 1856 – andai a Parigi e vi ritrovai Rossini. Lo farò il più brevemente possibile.

La mia Opera con il titolo cambiato in quello di Gonzalvo di Huesca, ed il libretto rovinato dalla censura fu rappresentata in Ascoli Piceno nella stagione di fiera Novembre 1855. Ebbe 19 rappresentazioni. Fui subito scritturato dall’impresario Pieraccini per riprodurla in Ferrara nella primavera del 1856. Quando mi recavo colà per dirigerne le prove, passando da Bologna fui chiamato in polizia, e mi fu intima- to l’ordine di tornare indietro. Dovetti all’intervento del Marchese Albergati mio amico, nel palazzo del quale abitava il Generale Austriaco commandante le truppe di occupazione, l’ottenere un lascia passare per Ferrara. Giunto colà incominciai subito le prove. Gli artisti erano Daroissi Sop.no Prudenza Ten. Varesi Bar. Benedetti Basso – e Ferrarini direttore di Orchestra.

Al quarto giorno delle prove, incoraggiato dagli artisti che mi facevano sperare un secondo successo, si presenta l’impresario tutto stravolto, e ci annunzia che la censura non dava il passo al libretto!... Nulla valsero le pratiche fatte in mio favore dal Conte Masti, il Marchese Castabili, ed altri distinti Signori di Ferrara che mi conoscevano, anzi, da un’impiegato della polizia amante di musica fui serratamente informato, che se non partivo subito sarei stato arrestato, perché stavo sul libbro nero per aver combattuto in Lombardia, ed aver fatto parte in Ascoli della commissione per l’espropriazione dei beni ecclesiastici. Mandai allora al diavolo l’Italia, e i suoi infami governi, e partii per Parigi. Ivi mi trattenni solo qualche giorno quindi andai a Londra. Fu solamente in Settembre al mio ritorno in Parigi che seppi che Rossini vi si trovava. Andai subito a vederlo non alla Rue de la Chaussée d’Antin, ma al N.o 50 Rue basse du rempart, Boulevard des Capucines.

Trovai un altro Rossini! – era ringiovanito di venti anni, camminava benissimo, e stava allegro come una Pasqua. Mi accolse come un vecchio amico, e mi disse di andarvi i Sabato sera che aveva sempre qualche amico. Fu fin d’allora che incominciarono i suoi Sabati dopo diventati famosi. Divenni l’accompagnatore delle Soirées, carica tanto onorifica che occupai per circa cinque anni che vissi in Parigi. Un sabbato, vi era la Viardot – e pregata da Rossini di cantare, essa rispose «canterei volentieri la Cavatina del Barbiere, ma non ho la musica – Ma voi la sapete di memoria? – disse Rossini – Sicuro, riprese la Viardot, ma per l’accompagnatore? – e Rossini – qui abbiamo Moderatino che sa tutto di memoria – e rivolgendosi a me: volete accompagnare la Signora Viardot? – Mi misi al Piano, e tutto andò bene fino alla prima Cabaletta, ma all’intermezzo per una distrazione maledetta, invece di suonare quello del Barbiere attaccai quello della Semiramide! – La Viardot mi toccava la spalla dicendomi, vi sbagliate, vi sbagliate, ma Rossini che naturalmente se ne era accorto, e vedeva i segni che mi faceva la Viardot, ridendo mi disse, avanti, avanti, già è lo stesso. Di fatto i due ritornelli sono egualmente due crescendo sulla prima e quinta arrestandosi sulla tonica. Quando ebbi finito fui a farle le mie scuse, ma esso dandomi la mano mi disse – l’avrei potuto io fare prima di voi, dunque siete mio collaboratore.

Un’altra volta (allora al N.o 2 – Rue de la Chaussée d’Antin) venne una giovane Italiana che le era stata raccomandata, e si mise pure a cantare la Cavatina del Barbiere. Quando giunta al primo periodo della Cabaletta “Io sono docile son rispettosa, sono obbediente sono amorosa” invece di continuare “mi lascio reggere” rincominciò “Io sono docile” et. Io la seguii con l’accompagnamento, ma giunta allo stesso punto rincominciò di nuovo “Io sono docile” malgrado che io le sugerissi le parole, e suonassi la melodia che seguitava. Rossini venne vicino alla giovane, che paralizzata forse dalla emozione non comprendendo più nulla si era arrestata, e le disse – ma cara mia, se continuerete così, non arriverete mai a quando vi toccheranno nel vostro debole. La povera giovane, rossa come un gallo comprese alla fine, e ricominciò, e terminò il pezzo senza inciampo, che del resto cantò assai benino, e Rossini le fu prodigo di complimenti.

In quelle serate indimenticabili, ebbi la fortuna di incontrarmi con quante celebrità musicali si trovavano in Parigi. La Alboni, la Patti, la Borghi Mamo, la Piccolomini, Gardoni, Mario, Tamberlick, Badiali, che con i suoi 64 anni sulle spalle cantava la Cavatina del Barbiere come mai l’ho più sentita. Faur, Zuchini, Bonnel, Naudin, la Frezzolini, la Penco, La Lagrua, Bottesini, Sivori, Servais, il Dio dei Violoncellisti, Corsi, la De la Grange, la Cortesi, e tanti altri sommi artisti, i quali almeno per il canto, mi fa rimpiangere un’epoca che la presente è lungi di vederla!. Planté, allora giovanissimo, ma già eccellente Pianista, era il Pianista preferito di Rossini. Esso non mancava mai un Sabbato, ed era a lui che Rossini confidava quei gioielli di sua composizione per Piano, che chiamava Passatempi inoffensivi. Ma le serate deliziose per me non erano i Sabbato, ma i Mercoledì. Quel giorno Rossini l’aveva riserbato per se. Riceveva nel piccolo salotto verde a sinistra della porta d’ingresso del suo appartamento. Pochissime persone erano ammesse a quelle serate intime. Carafa che raramente si vedeva il Sabbato, era immancabile il Mercoledì; la Alboni, e suo marito il conte Pepoli vi erano spessissimo, qualche volta il principe Giuseppe Poniatovski, Aguado, qualche altro intimo amico, e il famoso Prof.re di Corno, e celebre fumista Vivier. Questi era l’anima di quelle piccole riunioni raccontando le cento farse da lui fatte più inverosimili le une che le altre, e pertanto verissime; ma il più divertente era quando il Vivier prendeva il Violino ed imitava (in caricatura si intende) gli esami, ed i concerti del Conservatorio di Musica, facendo intendere nello stesso tempo l’orchestra; gli alunni che cantavano, le chiacchiere delle mamme, e le riflessioni dei vecchi abbonati ai Concerti in modo da darvi una per- fetta illusione del tutto. Una sera ci disse: «Voglio raccontarvi un fattarello del quale sono stato testimonio» e prendendo il violino incominciò a dire

«giorni sono partì per l’Havre in ferrovia» (ed il violino imitava meravigliosamente il rumore della ferrovia, il fischio et et) «eravamo quattro in tutti nel compartimento, un Signore ed una giovane sposa, una Signora molto grassa senza età che si era seduta rimpetto a me ed io. Si intavola fra noi una di quelle conversazioni banali, e dopo circa un’ora di viaggio la Sig.ra grassa, con molta circonspezione mi domanda “quanto s’è per la prima fermata?” Io le risposi – 2 ore circa. La Signora divenne bianca, eppoi rossa come una tomata. (Intanto il violino seguitava ad imitare la ferrovia). Di lì a poco (seguita Vivier) un’impiegato si presenta allo sportello dicendo vos billets s’il vous plait. La Signora si rasserena credendo che eravamo vicini a qualche stazione, ma la vaporiera spietata prosegue imperterrita il suo cammino!. La povera Signora incomincia a contorcersi, si fa rossa e bianca a vicenda, gli occhi le escono dall’orbite… infine diviene paonazza e… quindi Vivier fece un tremolo sul cantino al quale succedette uno scroscio di risa dell’Alboni, e tutti facemmo coro; – per un momento si sarebbe detto una casa di pazzi. Alla fine Rossini vedendo che la Alboni non riusciva a dominare il suo riso che era diventato convulso, le disse – cara mia, qui non siate in cammino di ferro, se volete potete scendere! Ognuno si immagina quale altro scoppio di risa accompagnò questo a proposito.

Ma Rossini spesso parlava sul serio, e quando si discuteva Musica, mai le ho inteso dire quelle cattiverie su altri compositori che le si sono tante volte addossate. Esso ammetteva il primo, che la musica andava sogetta a cambiamenti come la moda; ma soggiungeva «vi sono mode belle, e mode brutte. Il Compositore che non ha ispirazione melodica farebbe bene di cambiar mestiere. Le astrusità non sono il genio, e la musica lirica particolarmente deve essere scritta per i cantanti, e per il pubblico, che non si può pretendere sia composto di professori di musica».

Santi precetti, che sarebbe fortuna farli entrare nella testa dei nostri giovani compositori che si martirizzano il cervello per inventare novità quand mème, e si figurano da aver fatto qualche cosa di ammirabile quando hanno riempito una pagina di accidenti, e di stramberie!! Si direbbe che i moderni compositori hanno la tarantola, tanto è difficile vederli restare quattro battute nella stessa tonalità! Ma chi di loro ha composto qualche cosa che si avvicini al Terzetto del Guglielmo Tell, che pertanto non esca mai dai tuoni relativi?

Qualche altra prova dello spirito fino, ma sempre corretto di Rossini che ora rammento.

Una bellissima Signora dell’alta società ebbe il toupet di cantare un Sabbato sera da lui, e lo fece in un modo deplorevole. Aveva una toletta scollatissima e le braccia nude. Quando ebbe terminato di cantare si avvicinò al Rossini, e nella speranza di avere un complimento le disse – “Spero che il gran maestro perdonerà ad una dilettante d’avere osato prodursi in questo tempio dell’arte» Rossini accarezzandola discretamente le braccia le rispose «“Quando si posseggono queste attrattive non bisogna esigere da un’artista che si occupi di musica. La vostra bellezza mi ha affascinato ed ho passato tutto il tempo che avete cantato in un’estasi di ammirazione»” Un tenore che aveva la mania (del resto molto comune fra i cantanti) di aggiungere sempre delle note più alte alle già alte, pregò Rossini di scriverle qualche cosa sul suo Album – ed ecco ciò che Rossini le scrisse.

 

«Cadenza alla moda»

 

 

«Con questa cadenza si fa di sicuro furore; ma se vi si aggiungerà qualche nota più alta, il pubblico andrà in delirio!

G. Rossini

 

A qualcuno che si permise di dire a Rossini che esso si burlava di quei giovani che lo assediavano domandando la sua opinione sul loro talento, ecco cosa esso rispose. «È vero che io sono più propenso a incoraggiare, che a scoraggiare la gioventù, ma non per burlarmene, ma per tema che il mio giudizio possa essere erroneo. Quante volte non si è detto di un giovane artista «non farà mai nulla, non ha intelligenza, non ha attitudine et – eppoi è divenuto una celebrità? ebbene, io non voglio avere sulla mia coscienza l’aver distrutto l’avvenire di nessuno.

Dopo quanto ho detto, mi permetta di mettere in quarantena qualcuno dei fattarelli riportati dalla Gazzetta – quali quello degli asparagi fatti pagare alla Sig.ra Inglese in ricompensa di averlo veduto!...

Tale bassezza non era nel carattere di Rossini, come neppure la insolenza che avrebbe detta al Compositore dopo il successo della sua opera

– cioè – che esso Rossini non componeva più perché si era accorto che il pubblico non capiva più nulla di musica!...

E qui mi fo un piacere di inviare i miei complimenti al Sig.r Com. Giulio Ricordi, che nel suo articolo “Conosco Rossini” ha saputo si bene dipingerlo. Si Signor Ricordi, Rossini come Ella dice si bene, non era l’uomo motteggiatore, caustico, scettico, come ingiustamente fu creduto; ma semplice, buono, scherzoso, affabile, e coerentissimo con i suoi amici. Io che l’ho veduto tante volte in casa mia con quanto piacere si divertiva a far saltare la mia bambina sulle sue ginocchia, che l’ho conosciuto ed avvicinato per ben 18 anni, cioè dal 1849 al 1867 poiché fu in quell’estate che lo rividi per l’ultima volta posso saperne qualche cosa. Al Sig.r Giulio Ricordi di nuovo i miei complimenti per averlo così esattamente giudicato sebene non ebbe occasione di avvicinarlo che per breve tempo.

Ancora una prova del come si scrive l’istoria. Leggevo l’articolo intitolato «Una visita a Rossini» quando giunto a queste testuali parole “«Guardate disse egli (Rossini) indicando il nuovo teatro dell’Opera che sorge circondato di colonne dinanzi alle sue finestre”!!! – mi cadde di mano la Gazzetta. Volli però rileggere quelle linee sembrandomi impossibile che fossero quali le avevo lette, ma si signore, era proprio così – si affermava che la nuova Opera «Sorgeva rimpetto alla finestra di Rossini!

Ora, chi conosce Parigi, sa che è impossibile il vedere dalla finestra della casa No 2 – Rue de la Chaussée d’Antin, una sola pietra dell’Opera. Che conchiudere da ciò? che l’autore di quell’articolo non ha mai visto Rossini, non solo, ma neppure conobbe la sua casa ne forse Parigi. Che triste mania quella di mettere in bocca di persone celebri tante cose che non hanno mai dette. È vero che non si presta che ai ricchi, ma almeno bisognerebbe prestarle moneta buona, e non falsa.

Quando tornai a Londra nel 1858 – Rossini mi dette una lettera di raccomandazione per Michele Costa, quale un padre potrebbe aver data a suo figlio, ciò che mi valse mille attenzioni dal non facile direttore del Covent Garden.

A Lisbona, nel 1860 – nei sei mesi che vi passai ebbe l’onore di dare lezione di canto al Re padre Don Ferdinando. Tutti sanno che esso era un vero artista, ed oltre la musica, coltivava la pittura, la scultura, e la poesia. Quando partii, mi dette per presentarlo da parte sua a Rossini, un disegno alla penna consistente in un vaso Luis XVI – con puttini, medaglioni et. eseguito alla perfezione con un gusto e perfezione meravigliosa, accompagnato dal seguente autografo.

 

Al Maestro Rossini

3 Mag. 1861

 

Maestro.

Il Maestro Moderati ch’io ebbi il piacere di conoscere e di vedere alcune volte mi parlo spesso di Lei. Ma non è certamente solo che oso indirizzarle queste parole, è perché voglio che Lei sappia che nel remoto Portogallo esiste una persona col titolo di Re che si confessa uno dei di Lei più costanti ammiratori, una persona che alle volte ha l’audacia di cantare alcuni dei di Lei belli, e deliziosi carmi. Mo- derati mi ha fatto sperare che non le dispiacerebbe un piccolo disegno mio; non so io stesso quello che ho fatto, ma La prego di accettarlo come una prova del desio ardente che avrei di conoscerla.

Ferdinando

(Certificata al Consolato di Portogallo conforme all’originale – Paris le 15 Mai 1861 –)

 

Rossini gradì immensamente la gentile attenzione usatele da D. Ferdinando – e quando questi alcuni anni dopo venne a Parigi, come suo figlio l’attuale Re, furono subito a far visita a Rossini, il quale dipoi non parlava di questi due sovrani che facendone il più grande elogio.

Rossini mi dette un suo ritratto eguale a quello pubblicato dalla Gazzetta nell’articolo Menzionato dal Com G. Ricordi con sotto questa dedica –

            “A mon ami et Collegue

            “Moderati – 1861 Passy. G. Rossini”

Mi resta ancora parlare dell’articolo di A. Dumas “In qual modo fu composto l’Otello di Rossini” riprodotto dalla Gazzetta.

Non posso comprendere come un articolo fantastico, del fantastico Dumas abbia potuto trovar posto in quella pubblicazione ove tutto avrebbe dovuto essere istorico, e certo nessuno avrà creduto sul serio che l’impresario Barbaia avesse per cinque mesi (nientemeno) fatto da cuoco a Rossini, che la sua ospitalità giungesse al punto che oltre l’aver messo il suo palazzo, i suoi servi, e tutto a sua disposizione le permettesse ancora di invitare ogni giorno a pranzo non meno di dodici o quindici persone! – ed infine che si fa cesse scacciare lui stesso da tavola al dessert! La storiella del sequestro, e quella della prova generale dell’Opera ridotta alla sola sinfonia, e tante altre spiritosaggini che dette con la verve di Dumas sono certamente divertitissime, ma che prese sul serio sarebbe come dei brevetti d’imbeccillità, e di malcreanza dati a Barbaia e Rossini. Forse vi sarà qualche fondo di verità in quell’articolo, ma tutto si ridurrà al che Barbaja ospitasse Rossini in casa sua, al che le usasse qualche amichevole violenza per indurlo a comporre l’Opera per il tempo convenuto, ed al ritardo di qualche giorno all’andata in scena.

Io sono stato molto amico di A. Dumas (père) e se da tutti non fosse saputo con quale disinvoltura questo gran romanziere trattasse l’istoria, basterebbe a provarlo il fattarello inedito che credo a proposi- to di riportare.

Una delle tante sere che pranzavo da lui a Anghien presso Parigi, e dove spesso dormivo, al dessert, fra quelle piacevolissime ore nelle quali con la sua facondia brillante, memoria prodigiosa, e persuasiva affascinante Dumas teneva i suoi ospiti in un’estasi di ammirazione, il tema cadde sull’ingresso di Garibaldi a Napoli. Dumas al qua[le] si poteva tutto domandare meno la modestia, attribuendosi la più grande parte di quel fatto memorabile diceva «“Io, e Garibaldi (notate io, prima) abbiamo con la sola nostra presenza terrorizzato un’esercito. Il mio Brick nel porto di Napoli fece tacere la flotta del Bomba, e se Garibaldi mi avesse dato ascolto, nello stesso modo a braccietto saremmo entrati a Parigi, e plasmata la Repubblica!...

Ora il suo famoso Brick, era una barca a vela di 500 tonnellate, con due cannoncini inservibili che aveva per equipaggio 3 marinai, un Capitano (lui Dumas) ed un’Ammiraglio!. – una bella giovane bruna, vestita da uffiziale di marina che tutti i suoi amici abbiamo conosciuta in Parigi quando Dumas abitava nella Rue de Clichy. Ecco l’istoria alla Dumas.

Come ho promesso di provare tutto quanto dico, sceglierò il più piccolo fra i tanti autografi che ho di Dumas per copiarlo, ma credo bastante per far vedere in quale intimità io fossi con lui. Eccolo.

 

Anghien 17 Juin 1860.

 

Mon cher Moderati

Venez demain soir Samedi si vous pouvez. Fanny vous demande a Coeur, et a cris. nous avons quelque personnes vous coucherez. Tout a vous

A. Dumas.

Monsieur Moderati

Rue de Joubert 33.

Paris.

 

Molto hanno discusso i Cronisti di Rossini sulle cause di non avere più voluto comporre opere dopo il suo Guglielmo Tell. Per le conversazioni avute con lui su questo sogetto, ecco l’opinione che io ho potuto formarmi.

Rossini sapeva che con il Guglielmo Tell aveva composto un’Opera che le aveva assicurato la gloria, e l’immortalità. Venne poscia Roberto il Diavolo di Mayerbeer, che ottenne non minore successo del Guglielmo – e Rossini comprese subito che per comporre una nuova Opera sarebbe stato necessario di ricorrere a nuove forme, a nuovi concetti, all’Opera spettacolo, ad impiegarvi più anni di lavoro – infine “piocher”. La natura musicale tutta spontanea di Rossini, e un poco la sua pigrizia si ribellarono a queste esigenze, e nella tema di compromettere la sua fama già assicurata, cessò di comporre.

Questo fatto ha tanto più merito in Rossini, che amando come amava il danaro e sapendo che non avrebbe avuto che prendere la penna per raccoglierne a dovizia, dimostra quanto l’orgoglio di artista fosse possente in lui. Gloria a Rossini.

 

Ho avuto forse torto di ridurre alla prosaica verità tante fantasie scritte su Rossini, ma a me questo sommo genio sembra tanto grande da non aver bisogno di una fattizia aureola per essere adorato. Rossini ebbe i suoi difetti come tutti i miseri mortali, ed il principale fu quello di amare troppo appassionatamente la sua tasca, così credo che mai obbligasse un’amico con una somma anche minima, e quando si trovò nell’obbligo di aiutare un’artista con 6000 franchi, piuttosto che prenderli dal suo scrigno compose “Les soirèes Musicales” per realizzarli, ed avrebbe piuttosto composto un’Opera, ma non dato un marengo. In cambio fu prodigo della sua persona per raccomandare – dare consigli, ed incoraggiare la gioventù. Amabile con tutti, senza apparente orgoglio, bon’enfant, e sempre eguale per gli amici. Non credo che mai perdonasse a Bologna l’insulto che le fece nel 1848 – di cui ho parlato, che fu la causa della sua penosissima malattia nervosa, e ciò che mi conferma in questa credenza; è che nel suo testamento non lasciò il più piccolo ricordo in quella Città che fu una seconda sua patria. Ma l’essere l’autore del Barbiere, e del Guglielmo Tell è più che bastante perché l’Italia tutta vada orgogliosa di esserle patria, e gli stranieri ce lo invidiano.

Pubblicando questi appunti non ho inteso far crede[re] che Rossini fosse stato una eccezione per me perché mi consta che esso fu egualmente buono con altri giovani artisti. Mio scopo è stato quello come dissi, di farlo conoscere quale fu, e non quale fu creduto, e ciò facendo, pagare un tributo di gratitudine ad una cara, e venerata memoria.

 

C. Moderati

 

New York 14 Maggio 1892.

65 Irving Place

Transcription by Andrea Parisi
Typology lettera
Sub-tipology letter
Writing manuscript
Language italian

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No. Sheets 6
Size 255 X 200 mm

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