Date: 27/2/1910



Place: Pesaro

ID: LLET002787




Illustre Commendatore - scordi, per carità, tutte le preoccupazioni che la mia precedente lettera ha potuto far nascere nel di Lei cervello circa il mio attuale lavoro. Conchita è degna sorella del Grillo: è chiara, limpida e... sana, e contiene, secondo me, quelle qualità che Ella apprezza sopra tutto il resto. Ciò non toglie però che io mi ostini nella convinzione che il pianoforte è fatto apposta per rendere confuse le cose più semplici e che voler far sentire con questo istrumento dei lavori come si scrivono oggi (sempre parlando di lavori melodrammatici) è cosa ridicola e pericolosa a meno che chi ascolta non abbia la possibilità di comprendere, anche con la semplice lettura mentale dello spartito, idee, effetti e colori.

Non ho mai inteso del resto di trascurare la voce che è il più bello e il più affascinante degli istrumenti; e tanto meno di non dare alla parola, al teatro, tutta l'importanza dovuta nel melodramma. Parlando di orchestra avrei voluto che Ella sottointendesse la cornice del quadro formato dalle voci e un po’ anche i colori del quadro stesso. Ella ha mille ragioni di asserire che l'arte di istrumentare con un po’ di buona volontà s'impara facilmente, oggi; non già nelle scuole, aggiungo io, ma stando in orchestra e studiando praticamente i diversi istrumenti; ma non condivido però la di Lei opinione quando dichiara che l'orchestra vale meno che zero anche se, come aggiunge spiritosamente, questa costituisce soltanto la salsa o il contorno della carne, cioè, dell'essenza del melodramma[.] Non voglio discutere questa Sua idea dal punto di vista artistico ma mi accontento semplicemente di chiederLe se Ella è sinceramente convinto che il pubblico d'oggi di accontenterebbe della sola carne come la servivano per il passato Bellini, Donizetti ed altri. In quanto a me, Le confesso, credo il contrario: i nostri grandi maestri viventi hanno raffinato il palato del pubblico (o guastato?) a tal segno che esso preferisce quasi la sola salsa piccante al solito lesso che gli sembra – forse a torto – insipido e indigesto. Questo fatto lo possiamo pur constatare ogni giorno!

È mai possibile dunque, che noi giovani<,> si riesca a nutrire il pubblico di sola carne? Il pubblico non è un asino – lo so – ma ha però di questa graziosa bestia certe qualità indiscutibili; qualche volta – come l'asino, subisce le bastonate; più spesso tira calci di santa ragione. Le bastonate da chi le piglia? Dai compositori già grandi che riescono ad intontirlo con le cannonate formidabili della loro réclame. E i calci? Ahimè, sono tutti per i giovani i quali per evitarli sono costretti a camminargli sempre di fianco e a dargli in pasto dei bocconi che gli vanno. Se noi, giovani, riusciamo a far ingoiare a questa capricciosa bestia – cioè, al pubblico – della carne, che generalmente rifiuta, in mezzo alla salsa che gli piace perché gli solletica il palato, creda, caro Commendatore, è tutto merito nostro. Non ci chiami perciò “giovani di poca fede”; se in mezzo a tutte le correnti che imperversano oggi nel nostro paese e che minacciano ad ogni istante di travolgerci noi, giovani, riusciamo ancora a reggerci diritti in piedi, perché la sincerità ci sostiene, ciò vuol dire che la fede non manca, che la fede c'è!

Mi permetto di scriverLe francamente quanto penso prima perché ciò servirà a giustificare in molti punti la fattura del mio lavoro, poi perché ho visto, con grande piacere, che Ella non sdegna di far conoscere le proprie idee ad un giovane maestro.

Mi perdoni se mi sono dilungato. Attendo un di Lei cenno per l'audizione e La saluto con tanta cordialità e devozione pregandoLa di ricordarmi all'illustre comm. Tito.

devmo R. Zandonai

P.S. Le unisco quì il modello per la carta da partitura per la quale la ringrazio sentitamente fin d'ora.

 

Pesaro 27 febbraio 1910

Transcription by Diego Cescotti - Biblioteca Civica di Rovereto

Typology lettera
Sub-tipology letter
Writing manuscript
Language italian

Physical Attributes
No. Sheets 2
Size 172 X 133 mm

Letter name LLET002787