Di casa. Giovedì.
61. Corso Venezia
Caro Giulio!
Ieri sera fui ad udire l’Erodiade e musicalmente parlando ne ebbi le stesse, stessissime impressioni di Bruxelles, anche quando l’esecuzione mi lasciava a desiderare. La Borelli canta bene, ha dell’accento del sentimento ma voce poco robusta, affievolita: tutti mi dicevano che non pareva più quella della prima sera. Di voce la Duvivier ne aveva il doppio. La Borelli ha poi il fiato corto e la pronuncia che non si capisce niente di quello che dice. La Teodorini [recte Theodorini] è spostata [?] meno nel duetto con Fanuel ove è ammirabile, ammirabilissimo il Nannetti, dal principio alla fine dell’opera. Il Miersoviski [sic] non ha che scatti di voce, del resto è niente altro che un bel polpettone. Ieri sera Moriami stava bene di voce e non l’ho udito, quasi mai, sbilanciare nell’intonazione. Bene i cori. Nell’esecuzione orchestrale c’è poca nettezza, e non è piccolo malanno con un istromentale così ricco, così [favilli?]. Hanno suonato divinamente la danza sacra; la Marcia invece poco sostenuta e niente colorita.
Stupendi i costumi e le scene meno brutte di quello che immaginavo. Sbagliato il tempio.
Forse dirò qualche cosa nell’Appendice di Lunedì, specialmente per parlare dei nuovi due pezzi, che mi sono sembrati bellissimi e meraviglioso addirittura il duetto fra Fanuel ed Erodiade, certo il più bel pezzo dell’opera, dal punto di vista drammatico.
Il Finale secondo è accomodato bene ma il ritorno della frase dominante di Salomé è un po’ attaccato con lo sputo: è facile scorgere la fretta nell’accomodatura e sarà bene che il Massenet rifaccia meglio quella ripresa. Dico bene?
I pezzi a 4 mani di Rubinstein me li ha domandati l’Andreoli, e appena me li avrà restituiti mi sarà di grandissimo piacere di passarli con te. Amami e credimi il sempre
tuo pruriginoso amico
F. Filippi