Date: 30/6/1923



Place: Roma

ID: LLET008926




15, viale Giulio Cesare

Roma, 30 giugno 1923

Mio caro commendatore,
grazie delle cortesi parole: sono proprio contento del suo giudizio incondizionatamente favorevole alle modificazioni proposte.
Ella mi dice che il libretto è nelle mani di Forzano per la messa in scena: a questo proposito debbo dirle qualcosa in via riservata. Nella messa in scena l’amico Forzano non ha esattamente interpretato il mio pensiero: ha fatto di più, forse anche meglio, ma non quello che ho pensato io. Belfagor non è il diavolo ormai tradizionale sulle scene, non è Mefistofele... (col Mefistofele il nostro Belfagor non ha - per ora - di comune che l’esser stato rappresentato per la prima volta alla Scala e per la seconda, rinnovato, al Comunale di Bologna...). Se nel prologo ci appare in quella veste scimmiesca è perché sbuca proprio allora dall’Inferno e lo vede (o se lo sogna?) soltanto un ubriaco insonnolito. Ma del resto è il povero buon diavolo minchione della tradizione popolare nostrana. Per questo ho tanto lottato col Morselli prima e con Respighi poi, per togliere quella catastrofica fine del secondo atto, che turbava tutta la mia veduta. Finalmente (un po’ tardi) l’ho avuta vinta. Dunque: NIENTE DIAVOLERIE, all’infuori d’un guizzo di luce rossa all’apparire di Belfagor nel prologo e al suo scomparire nell’epilogo. Niente corna ai servitori: soltanto la livrea rossa come quelli del Re e del Papa. Nessuna di quelle sfumature che Forzano avrebbe voluto ricordassero allo spettatore che il signor Ipsilonne è un arcidiavolo. Il problema è l’opposto: farglielo dimenticare.
Per le scene e per i costumi c’è qualcosa da tener presente il giorno in cui si dovranno rifare. La scena del primo atto non rispondeva alla didascalia: leggere per credere. Ora poi, se questo giovasse, si potrebbe anche togliere la finestra che non è più necessaria.
La scena del secondo atto potrebbe esser di quattro lati anzichè di cinque: e con vantaggio per la comprensione del finale. Io ne avevo fatto la pianta così: [si veda l'immagine digitalizzata] ma forse sarebbe anche meglio accorciare il quarto lato (camino) a favore del terzo (sala da ballo): V. scarabocchio n. 2.
E se opportuni sono i due gradini dalla parte del balcone, inopportunissimi sono dalla parte della sala da ballo, perché disturbano allorchè le danze si spostano.
Quanto ai costumi, oltre quello del tenore che era bruttissimo (Gioppino, diceva Forzano), quelli della massa nel secondo atto non rispondevano al mio intendimento. Sembrava un ballo diplomatico!
Ora non vuol essere un’accolta di dame e di gentiluomini, ma tutto il paese in corte bandita: il signor Ipsilonne non ha fatto inviti personali, ma ha semplicemente aperto le porte del suo castello. Il contrasto fra quei saloni principeschi, le vesti pompose degli artisti e gli abiti festaioli di quella piccola borghesia provinciale, avrebbe dovuto avere, secondo me, un lieve sapor comico.
Finalmente: per riempire la scena, subito dopo il ballo, durante la breve ripresa dell’orchestra, Forzano suggerì un movimento dei servi che non mi piaceva gran che: ma non seppi lì per lì trovar nulla di meglio e mi tacqui. Però preferirei che, allontanatisi i ballerini al di là della vetrata (oltre la quale la danza continuerà a svolgersi visibilmente), mentre i servi riordinano i mobili del salotto e spengono le candele, restassero in scena alcuni degli invitati, pochissimi, i più goffi e storditi, ad ammirare a bocca aperta le meraviglie intorno, a toccar questo e quello, accennando. E qualcuno potrebbe avvicinarsi al servo che porta via gli avanzi della torta di Mirocleto e trattenerlo per farsene dare una fettina, o per assaggiare un sorso del vinetto. Così che l’”ANDATE VIA!” di Ipsilonne metterebbe in fuga i servi e gli ultimi due o tre ospiti troppo curiosi.

Ho vuotato il sacco, con vostra sopportazione. E mi tengo a disposizione per riveder la messa in scena, ove occorrà: Forzano la redigerà certo da par suo, ma potrebbe darsi che io fossi stato poco chiaro. Le bozze del libretto seconda edizione, però, ci terrei proprio a correggerle io.
Non ho rimorsi per le spese che dovrà sostenere (come lei dice) papà Pantalone: prima di tutto perché so che è molto ricco, e poi perché ho la speranzella che non se n’abbia a pentire, in un prossimo futuro ...  A proposito di futuro: ha letto nel Lunedì del Popolo d’Italia quel che scrive Marinetti del Belfagor? FU-TU-RI-SMO ... cioè novità, originalità, audacia ... Chi se lo sarebbe mai immaginato?
Anche a Roma si parla di Belfagor, del suo menu e del famoso vostro pranzo! Sicuro: l’altra sera, nella conferenza del solito Zabughin, al Circolo di San Pietro! A pensarci bene, quel pranzo è stata un’invenzion assai più spiritosa e piacevole della novella di Niccolò Machiavelli (e figurarsi poi del libretto...)

Ossequi alla gentilissima Signora, saluti ai figliuoli, e a lei mille espressioni cordiali.

dal suo affmo

Guastalla

Mi ricordi alla Signora e al Comm. Valcarenghi

Transcription by Alessio Benedetti


Typology lettera
Sub-tipology letter
Writing typescript
Language italian

Physical Attributes
No. Sheets 2
Size 270 X 215 mm

Letter name LLET008926