Caro Tito.

Venerdì

In riscontro alla grata tua di ieri, ti dirò che a semplificare le operazioni, o meglio il rendiconto dell’attuale stagione di Primavera, accetto la tua graziosa offerta di addebitare una delle nuove lire 100 austriache, anziché l’Appalto.

Ad evasione poi dell’ultimo paragrafo di detta tua, rettificherò prima di tutto che quando mi parlasti dell’Ermengarda io la scambiai con quella che il Buzzi scrisse a Venezia, e della quale non mi ricordo ora il nome: che d’altronde me ne parlasti con sì poco calore che parvemi non dovesse dolerti un rifiuto, che ad ogni modo l’Ermengarda non poteva darsi nell’attuale primavera: e che non sarebbe difficile darla invece nell’autunno, di che parleremo con maggior calma.

Quanto poi all’allusione ad altre opere nuove che noi diamo adesso, soggiungo schiettamente che di quella che si darà nella prossima settimana io non approvo menomamente la scelta per mille e una ragioni, le quali sarebbe troppo lungo enumerare adesso, e che l’esito probabilmente farà rilevare. Siccome però tutte le operazioni dell’Appalto si decidono a pluralità di voti, ed io non ho il diritto che di due di questi voti, avviene appunto che i miei due voti si trovassero soverchiati dalla maggioranza dei cinque onde componesi la Commissione appaltatrice. Ciò sia detto per ora confidenzialmente, ed a spiegazione del mio procedere appunto talvolta non solamente a quello che altri dovrebbe aspettarsi da me, ma altresì contrario alle mie convinzioni.

A voce potrò chiarirti di più. Intanto addio di cuore.

Tuo aff.^mo

A. Mazzucato