Data: 6/10/1893



Luogo: Milano

ID: LLET000173




Milano Via Principe Umberto 24 

6 Ottobre 1893

Caro Ricordi, 

Abbandono l’impresa. Vi mando quel poco che del molto che ho fatto mi par presentabile e cedo le armi confessando la mia impotenza. Questa seconda parte del primo atto mi si presenta come uno scoglio per me insuperabile. Non la sento, non ci vivo dentro, non mi riesce di illudermi e di crearmi quella fittizia realtà senza la quale non si viene a capo di nulla. Ho sporcato più carta per queste poche scene e mi sono più stillato il cervello che per nessuno de’ miei lavori scenici. Da una settimana sono fermo sulla scena dello schiaffo, l’avrò fatta, rifatta e poi tornata a fare un centinaio di volte, non ne cavo un verso che mi piaccia. Ho lavorato stanotte dalle 11 alle tre di mattina, ho ripreso il lavoro alle sette e mezza, sono ora le cinque di sera e la scena non ha fatto un passo. Io non so dire se il diffetto sia mio o della scena. Forse di tutti e due, forse mio solo e tutto mio. Può darsi che sia impotenza transitoria. Da tre mesi in qua ho dovuto attendere a tante occupazioni diverse anzi disparate e continue che mi sento la mente stanca. Posso lavorare a scritti di ragionamento e di pensiero, non di getto e non sopratutto a lavori che richiedono quella festosità briosa e frivola che è il fiore giovanile dell’ingegno. Se il Puccini non avesse fretta, se potesse mettersi al terzo atto che vi mandai quasi finito e darmi un po’ di tempo per questo secondo, forse mi verrebbe fatto di ritrovare la lena. Ma non ho diritto nè di pretendere nè di domandare un tale sacrificio, e forse vi si oppongono delle ragioni artistiche. 

Così essendo le cose, disperato come sono di uscirne nel poco tempo che mi è concesso, imputando a me solo ed alla mia insufficienza questa vergognosa dedizione, e pure dolendomene ve lo assicuro, amaramente, e dolendomene soprattutto per il pensiero di voi cui voglio bene davvero e che non vorrei mettere in imbarazzo, prendo l’eroica risoluzione di ritrarmi dall’impresa, sicuro che Illica la potrà condurre felicemente a termine da solo. 

Buttar giù purchessia non voglio. Metter verso su verso nel solo scopo di arrivare alla fine e di toccare la somma pattuita, mi parrebbe azione ingrata e disonesta. Per mia sfortuna, non sono e non fui mai un facile lavoratore. Mi occorre meditare e ritornare cento volte sull’opera mia. Ci rimetterò due mesi di fatica, ma non vi farò impazientare più oltre. 

Prima di decidermi a questo passo ci ho molto riflettuto. Esso mi è molto doloroso ma in questo momento, ho la mente, come inaridita, o almeno inaridita rispetto a questo atto di commedia lirica. 

Di una cosa vi prego. Ed è che considerato il danno mio gravissimo, voi non abbiate ancora per giunta ad indispettirvi contro di me. Ci tengo come a cosa preziosissima di avervi sempre come sempre mi foste attimo amico. 

Vostro affe

Giuseppe Giacosa 

Stanco ed arrabiato vado stassera a Parella. Sarò di ritorno Martedì. Se vi occorre nulla fatemelo sapere quel giorno. 

Trascrizione di Veronica Mondoni
Persone citate
Giacomo Puccini

Opere citate
La Bohème

Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 1
Misure 265 X 205 mm

Lettera titolo LLET000173