Caro Sigr. Giovanni
Livorno 18 Sett.bre 1846
Questa Paternale N°. 2 è più forte del n°. 1, io sono annichilito polverizzato sì, che proprio debbo convenire essere un animale di primissimo ordine. Gli è un fatto che quand’un uomo promette deve attenere alle promesse che poi sono obblighi, non avend’io ciò fatto caso d’essere uomo e divento un bruto. Sono pentito, compunto e ... certamente per l’avvenire diventerò più positivo, manterrò la parola, e sarò un buon figliuolo. Oggi però sono nell’impossibilità di mandare le poche battute istrumentate in quistione: Lunedì le invierò, ne impegno il mio onore. Sono affaccendatissimo per questa nuova Cavatina della Sigra. Loewe e non ho neppure il tempo di respirare. Già il tempo non manca per fare il tutto in ordine trattandosi di mandare il tutto a Bologna per il giorno 12 d’Ottobre. Bisogna ora avvertire il Grolli che il Duetto fra Alessandro e Luisa è il 1° Pezzo dell’atto 2do. non già l’ultimo come è posto nella Partizione che abbiamo in Livorno.
Ecco la Poesia nuova per la nuova Cavatina, se è possibile porla nel Libro, bene, diversamente si farà a Livorno.
Scena 3ª.
Filippo: Perché fuggi, e quale infiamma ....
segue fino alle parole
Con pompe vane, e feste
Ingannarlo
(Poi segue)
Luisa. Mi togli a lui d’accanto
Ei sol raddoppia in me terrore e pianto.
Ho sul ciglio e in cor la morte
Quando il sol la terra io miro
Mentre vive il mio consorte
Come vedova sospiro:
Giovin donna e sposa appena
Tolta la raggio dell’amor
Nell’etade più serena
Son dannata allo squallor.
Scena IV
Matilde, Patrizii e Dame dalle stanze di Ballo. Fra questi è Luigi che si accosta, e parla a Filippo.
Coro: Vieni Luisa, a rendere
Leggiadre ancor le danze,
Ogni gioir più fervido
Col tuo partir cessò.
Luigi (Piano alla moglie, e poscia s’allontana) (Il piè sommessa e tacita
Rivolgi alle tue stanze.)
Luisa: (Oh voce! Oh sposo!)
al giubilo
Qual deggio, tornerò
(Ei giunse, ei giunse
(a Matilde)
Matilde: (A parte
(acquetati:
Scoprire alcun ti può.)
Luisa: (Ah! non si frena un palpito
(fra sé)
Che a vita ci tornò.
È una voce soave, possente
che mi rende festiva, ridente,
Una voce onde tutta mi scossi
Come fossi chiamata nel Ciel.
Ah! da questo all’estremo momento
Sol mi parli quel tenero accento;
Li miei stessi pensieri favella,
Tutto abbella - a quest’alma fedel.
Fil. (Cessa cessa, e rimangasi ignoto
Dagli Strozzi ogni affetto, ogni voto
Sino al dì che dell’opre nefande
Abbia pena il Signore crudel.)
Coro e Matilde
Or danziam, ché la gioja tua stessa
È nell’alma alme, ne’ volti riflessa,
Tal di stella bel raggio si spande
Che squarciò delle tenebre il vel.
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Ecco. se è possibile facciasi.
Stasera 1ª. prova d’orchestra. Sabato (da domani in 8) in iscena.
Addio Sigr. Giovanni compatisca le noje che le reco, e creda pure che meno qualche inconsideratezza sono poi un buon Diavolaccio.
Addio di nuovo
Addio a Tito, addio a Cerri Il suo [Monellaccio]!