Data: 30/4/1913



Luogo: Bologna

ID: LLET008149




Bologna 30 Aprile 1919 – Via Giuseppe Petroni = 14.p.2

Onorevole Sigr: Tito Ricordi

Milano

Prima di intraprendere – come ho in animo di fare – la pubblicazione delle lunghe e dolorose vicende della mia vita artistica e privata, onde siano note le cagioni del mio lungo silenzio, mi permetto di sottoporre un cenno alla perspicacia di Lei ed in omaggio ai rapporti che io ebbi col padre suo amatissimo, lusingandomi che vorrà benevolmente degnarsi di onorarmi dei suoi preziosi consigli e di quegli aiuti che potranno schiudermi la via a più lieti orizonti.

Durante lo scorso anno, come Le sarà ben noto, non pochi giornali nazionali ed esteri ebbero ad occuparsi in modo assai lusinghiero, della mia povera persona, ma a tali benevoli dimostrazioni mi tenni completamente estraneo, preoccupandomi solo di poter giungere sino a Lei, per confidare ai lumi della Sua saggezza, quanto si riferisce al mio passato, onde i progetti futuri siano più facilmente compresi. Ed entro senz’altro in argomento.

Nel 1871-72, in quattro mesi solamente, scrissi - appena diciottenne  l’opera „I Goti„ non allo scopo di farla rappresentare, ma al fine di esercitarmi alla composizione, come già avevo fatto per „l’Agamennone„ senonchè in seguito ai benevoli e paterni incoraggiamenti dell’allora mio maestro Lauro Rossi, mi decisi al gran passo!...

A tal scopo, nel 1873, sborsai 5 mila lire all’impresa del Comunale di Bologna, favoritemi da un mio protettore mantovano amico di famiglia.

Detta impresa, abusando della mia inesperienza in fatti di raggiri teatrali, si prende gioco della mia eccessiva buonafede, gabbandomi con un contratto falso (tuttora esistente), che poi prende a pretesto per rifiutarsi di dare l’Opera, che era stata fissata, la seconda della stagione.

E che poi, il 31 Dicembre in sul finire della stagione stessa, poté andare in scena, fu solo per l’azione energica dell’One: Camillo Casarini presidente della deputazione teatrale che aveva fintato il trucco!

Il successo fu immenso, colossale.... cinquantadue chiamate, ovazioni continue!... confermate poscia nella seconda e terza rappresentazione, ed il Consiglio comunale volle onorarmi della nomina di cittadino onorario.

L’egregio di Lei padre, tanto compianto, impossibilitato ad assistere alla terza rappresentazione, per aver perduta la corsa, mi telegrafò esibendomi 75 mila Lire per la cessione dell’Opera, coll’obbligo di scriverne una seconda; ma il telegramma stesso, come pure alcune lettere che egli ebbe a spedirmi precedentemente al medesimo oggetto, (esistono tuttora), mi vennero intercettate fraudolentemente dalla losca impresa per sentimento di bassa vendetta! curandone la consegna solo alle ore una e mezza dopo la mezzanotte, in quello stesso albergo d’Italia ove poco prima era stato redatto il contratto di cessione alla Lucca in termini assai meno vantaggiosi!...

Azione questa ch’io no esito a dichiararla infame, e che oltre a nuocervi economicamente parlando, mi rese ostile la Spette: Casa Ricordi, come era intenzione di quel furfante d’impresario, al quale dava ombra la tema che, legando i miei interessi con quelli della Casa stessa, avrei potuto rivalermi delle patite sopraffazioni, nuocendo a mia volta al tornaconto di mostrarsi zelante ed ossequiente alla Casa medesima.

Non valse a contenerla, essermi sempre dimostrato passivo per ogni suo procedimento, e tanto meno valsero i lauti guadagni effettuati dalle sei rappresentazioni dei miei Goti, assomando alla cospicua somma di 98 mila Lire!... tanto potè la innata cattiveria di un animo più che ignobile!....

Né diverso fu l’accoglimento che I Goti ebbero subito dopo all’Apollo di Roma, fruttando all’Impresa 30 mila Lire nette di spese, e meritando altresì l’insperato onore di una particolare rappresentazione stata richiesta da S. M. Vittorio Emanuele II° in occasione di una festa di Corte, ed alla quale rappresentazione intervennero i corpi diplomatici di ogni nazione.

Anche a Parma ed a Genova, ove si rappresentò contemporaneamente, ebbe entusiastico successo, confermato poscia al Regio di Torino, a Firenze, a Padova, a Brescia.

Ma era ormai tempo di finirla coi Goti, la cui invasione in tutto il Bel paese, dava troppo ai nervi dei miei avversari. Ed in mancanza di mezzi leciti ed onesti, si ricorre alle sopraffazioni indegne, compresa la peggiore di tutte, perché venale; quella cioè delle altre più efficace, perché imposta a base di quattrini!

E con tali poco scrupolosi espedienti si giunse ad impedirne la rappresentazione a Trieste, a Reggio Emilia, a Venezia, ad Ancona, a Foggia, a Napoli, e chissà in quanti altri teatri!... tanto che, preso dal disgusto, mi indussi a rifiutare per ben due volte all’impresa Corti di eseguire l’Opera al Dal Verme di Milano, e ciò feci anche allo scopo di liberarmi da uno sciame di ricattatori che giunsero persino a farmi spudoratamente richieste di danaro non disgiunte da intimidazioni e minaccie d’ogni genere, di cui conservo preziosi documenti.

La morte dell’One Deputato Camillo Casarini avvenuta fin dalla primavera del 1874, tornò propizia alla famigerata impresa, perché veniva ad essere liberata da un nemico accerrimo di ogni subdolo intrigo. E rimastole così libero il campo, mentre da una parte sollecitava in tutti i modi di far prevalere il repertorio wagneriano, onde tenersi ligia la casa Lucca; dall’altra corteggiava i verdiani per non perdere i favori di questi ultimi; quindi si fa correre la voce per Bologna, che l’Aida, nuova per la piazza, sarebbe stata rappresentata al Comunale. Si lasciano passare tre o quattro anni addormentando il colto pubblico e l’inclita guarnigione collo [****] sonnifero che „non essendo ancora spenti gli entusiasmi per i Goti, sarebbe pericoloso esporre l’Aida alle possibili ostilità degli amici di Gobatti!..... „ Ma se la verità della mancata rappresentazione di detta Opera è che l’impresa non voleva sobbarcarsi alle spese di allestimento ritenuta troppo elevata! Non pertanto l’assurda diceria si propaga anche fuori Bologna circondata da un’aureola di effimera serietà da esser creduta persino dalla Spette: sua Casa e dallo stesso Verdi che ne rimase indignato!... tanto è vero che nel 1877, se non erro, si oppose recisamente alla richiesta esplicita di far rappresentare l’Opera suddetta a Bologna!

Non è però da escludersi il dubbio che il Verdi nutrisse già a mio riguardo qualche risentimento, generato purtroppo dalla seguente malaugurata circostanza del tutto causale e non mai abbastanza deplorata.

Nella Quaresima del 1874 a Genova, il grande Maestro, dopo aver assistito ad una rappresentazione dei Goti al Carlo Felice, mi mandò a chiamare, desiderando fare la mia conoscenza.

Non è difficile immaginare con quale animo mi sarei affrettato a ricevere l’insperato ed ambito onore! Senonchè, quando alle 9 del mattino pervenne all’albergo il lusinghiero invito, io ne era appena partito per recarmi a Torino, chiamatovi con un telegramma d’urgenza dal buon Pedrotti. Di tale circostanza approfittano i miei avversari, e fui messo in cattivo aspetto verso il venerando Maestro, al quale fu fatto credere che sprezzando l’atto suo nobilissimo a mio riguardo, ne avessi a bello studio impedito l’effettuazione!

Ciò mi venne confermato molti anni più tardi da un egregio Giudice di Tribunale, che lo aveva appreso da un certo Conte o Marchese amico di Verdi al quale si era rivolto per ottenermi, mercè l’intercessione del medesimo, la protezione del venerato Maestro.

Il 20 Gennaio 1875, la Casa Lucca, in conformità di quanto fu precedentemente stabilito, ebbe a spedirmi il libretto „Luce„ imponendomene la musicazione. Non valsero le mie ragioni sull’opportunità della imposizione stessa, dal momento che il mio parere in detto libretto era completamente sfavorevole.

Purtroppo la Casa insiste senza tregua, - lo provano diverse lettere che ancora conservo, - pretendendo „Luce„, il vero libretto per fare della musica italiana, - (si noti che io allora fui tacciato insistentemente di wagnerismo, mentre del Wagner non aveva visto neppure il frontespizio di un suo spartito!) - ed esige nel modo più assoluto di consegnare pel prossimo Luglio la partitura completa allo stabilimento, essendosi impegnata di far rappresentare l’Opera per la stagione autunnale al teatro Comunale di Bologna.

Mi pareva di impazzire per tale strabigliante richiesta, tanto più che da qualche tempo ero insidiato da una misteriosa infermità, che solo più tardi si potè stabilire trattarsi di avvelenamento le cui conseguenze si esplicavano lentamente!

In seguito, ponderati fatti e circostanze, si potè stabilire l’autore del criminoso attentato, ma per opera indefessa del Carducci e Panzacchi si riuscì a mettere il tutto in tacere onde eliminare le scandalose conseguenze!....

Ciò malgrado la „Luce„ venne rappresentata in conformità della richiesta, ed abbenchè eseguita con mezzi e propositi assai discutibili, (bontà della casa Lucca,) pure, nonostante la sua problematica entità quale soggetto idilico male accoppiato ad intruse congiure politiche, come musica piacque molto, tanto è vero che l’impresario della Scala dopo aver assistito ad una sola esecuzione, stabilì di rappresentarla a Milano; ed il 15 Febbraio 1876 in detta metropoli Luce cadde inesorabilmente!!!

Ci sarebbero molte cose da dire a riguardo di quanto si era pensato e disposto per quella esecuzione, ma troppo lungo sarebbe il narrarlo.

Soltanto accenno di sfuggita a due soli fatti.

Il primo, che date le mie condizioni di salute, da non sapermi reggere in piedi, non comprendo ancora come abbia potuto assistere alla rappresentazione in quella sera indiavolata che faceva ricordare i memorabili fiaschi della prima esecuzione della Norma, del Mefistofele, dell’Amleto di Faccio; - l’altro, l’opera nefanda di un membro della famigerata impresa di Bologna, dalla pancia pasciuta - direbbe lo Stecchetti - che in più di un mese ebbe a sudare chissà quante camicie per ben organizzare i mezzi per nuocere al successo della mia povera Luce (che brillò tanto poco!) sacrificando persino all’ignobile scopo la non lieve somma di 3 mila Lire!

Era persona che davasi una grande importanza; d’aspetto piuttosto imponente e cavalleresco, atteggiantesi a gran patriota; ed era amico di non pochi reduci da patrie battaglie, ma che in verità non arrivarono ad oltrepassare Scaricalasino sull’Appennino Toscano - bolognese!! e per di più era considerato da taluni uomo ben pensante!.... E diffatti, nei miei riguardi pensò tanto bene da farmi credere ai buoni Ambrosiani, a seconda dei casi e dei principii politici dei singoli ambienti; clericale, framassone, monarchico, repubblicano, codino e persino austriacante sfegatato!........ Ed in tal modo ottenne quel tutto armonico che fu purtroppo la marcia funebre che doveva servire ai funerali dell’intossicata Luce!

E cosi egli soddisfato dell’opera sua se ne tornò raggiante a Bologna; - io invece ritornando pure a Bologna in più gravi condizioni di salute, fui obbligato al letto per oltre un mese; e se nel Maggio successivo mi fu dato migliorarmi notevolmente, lo dovetti alle assidue premurose e dotti [sic] cure di un sanitario patriota e gentiluomo perfetto, a cui erano note le non poco e non meno infami persecuzioni, e per suo consiglio mi recai a Ferrara per trascorrervi il periodo non breve di convalescenza.

Malgrado le avverse e tristi vicende, da buon Lazzaro canobita, non trascurai lo studio ed il lavoro per quanto mi fosse stato possibile!

Approfittando del lento ristabilimento della mia salute, mi portai dopo alcun tempo a Milano rimanendovi vari mesi, quando improvvisamente mi giunse la notizia di una nuova e ben dolorosa sciagura. I miei parenti ai quali avevo affidato un capitale fruttante 4 mila Lire di rendita annua, lo avevano fatto fraudolentemente sparire gettandomi nella più squallida indigenza! Il colpo che ebbi a risentirne fu così grave che per molto tempo mi tolse quasi la percezione dell’esistenza!

L’amico Profr Eenrico Panzacchi credendo sollevarmi dallo stato in cui mi ero ridotto, volle - malgrado la mia contraria volontà - lasciar rappresentare „Cordelia„ (su libretto dell’amico D’Ormeville) al Comunale di Bologna.

Detta Opera, abbenchè completa, essendo suscettibile di ritocchi, io la considerava in allora alla stregua di una bozza; e se ciò malgrado, la volontà del buon Panzacchi ebbe a prevalere, ciò deve attribuirsi a quello stato di semi incoscienza in cui ero ridotto.

Sicchè assente ad ogni prova, l’esecuzione dello spartito risultò cosa iniqua, tanto poterono le male arti e gli intrighi d’ogni maniera escogitate dai miei avversari, per la qual cosa un celebre giurisconsulto, l’Avvo: Profr: Giuseppe Ceneri [o Canari], ebbe ad esclamare, e non pochi ancora lo ricordano: „se il Gobatti avesse infisso nel ventre di qualcuno venti centimetri di coltello, tutti i Tribunali del mondo lo avrebbero assolto!.. „

Da quell’epoca, un fitto velo s’interpose fra me e la società umana, colla quale non volli più rapporti; e tale stato di cose durò fino al 1903 affrontando tutte le gradazioni delle più angosciose privazioni, rese più pungenti da dolorose circostanze familiari.

Le chieggio venia della lunga digressione, e vengo senz’altro alla conclusione.

Essendomi stato offerto un libretto da musicare, ch’io non avrei potuto diversamente procurarmi, scrissi una nuova Opera, senza Cori, come esige la stretta intimità del soggetto.

Il Melodramma è tratto da una soave ed impressionante leggenda d’amore, - direi quasi trattasi di un saggio di profonda psicologia di nobile senso, - manifestata in versi magnificamente tratteggiati.

L’azione si svolge in un ambiente di Corte reale fra nobili personaggi, e cioè: - sette artisti - tre donne e quattro uomini, - piu tre comprimari, tre musici (sopranini), Dame, Damigelle e Cavalieri che non parlano.

La musica non è un lusso di movimentazione polifonica preconcetta, di giuochi, di formole, o manierismi sinfonici espressi in virtù di impressioni subite da composizioni artistiche di altri autori; ma bensi, melodica in modo evidente; logica estrinsecazione pura del sentimento espresso dalla parola declamata, - rapida e scorrevole nel dialogo in nitida forma, - senza ripetizione alcuna.

Ogni pensiero melodico caratterizza, io ritengo, luminosamente lo spirito della scena nella quale si svolge, la di cui varietà, credo possa lasciare in ciascuno le predilette dolci rimembranze.

Nessuna persona al mondo meglio di Lei potrà interpretare l’animo mio; ed è appunto per ciò che mi sono permesso di esporle le dolorose vicende della mia vita artistica, nella speranza mi giunga una benevola Sua parola, un cenno, che la mia sorte potrà essere presa a cuore da V. S. per sentirmi trasformato; giacchè ogni altra via, se pur non mi sarà preclusa, il percorrerla mi tornerà certamente disagevole.

Se il mio ardente desiderio, se il fine che indubbiamente potrei raggiungere troveranno eco sul cuore di Lei e la disposizione a voler prendere in qualche considerazione il mio lavoro, (giudicato favorevolmente da persone competenti), io Le sarò debitore per tutta la vita di riconoscenza incommensurabile, ed a giusta ragione, giacchè una ressurezione verrà a sollevarmi lo spirito dalla triste memoria di un troppo lungo e doloroso passato.

In tale fede, pregandola di aggradire i sensi della più alta considerazione, mi dico con ossequio

Dev:

Stefano Gobatti

Trascrizione di Alessio Benedetti
Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 2
Misure 310 X 210 mm

Lettera titolo LLET008149