[nota a matita: Ved.lettera N.73]

Napoli 20.

Carissimo Giulio.

Rispondo al tuo gradito telegramma con una lettera. La risposta andrà più lenta ma ti potrò scrivere più parole.     

Abbiamo vinto anche questa volta. Il successo è stato pieno. L’esecuzione bellissima. Ma che fatica per arrivare a questo risultato! Sono così stanco che non potrò andare ad assistere alle prove di Firenze. Trionfare sta bene ma crepare per questo, no.    

Le masse furono mirabili. Gli artisti: perfetti. Il pubblico cortesissimo. Oramai c’è bisogno d’un fiasco ma d’un vero fiasco per questo ostinato Mefistofele d’un fiasco che non somigli a quello di Genova, dove sono arrivati l’altr’jeri al ventesima terza rappresentazione con sommo diletto dell’Impresa. Spero che Firenze mi dia questo fiasco, tanto per variare.    

Torno a pregarti sul serio di mandare a vuoto il Mefisto di Vienna (compagnia italiana) non già perch’io tema lì quel fiasco che spero, non ci sarà, ma perché desidero che i Viennesi abbiano dell’opera mia, nel suo originale italiano, un esempio molto ma molto più perfetto di quello che avrebbero ora. A Vienna il Mefisto italiano non deve andare che con Faccio o con Mancinelli.

Mi sono raccomandato al Clausetti per ordinare esattamente la questione delle mancie, prevedo che si spenderà un mucchio di quattrini.    

Martedì venturo sarò ritornato a Nervi. Ho una buona notizia da darti, ma per carità non dirla a nessuno, non dirla neanche a casa tua, non dirla neanche a te medesimo, temo già di commettere una indelicatezza:     Il Maestro scrive, anzi ha già scritto buona parte del principio del 1° atto e mi sembra infervorato. Lo vedrò fra pochi giorni.    

Sta sano, non lavorar troppo, ed ama il tuo       

Arrigo.

Saluta Tornaghi.