7 Aprile 1903.

Mio Caro Puccini.

Sempre graditissimo, sempre care mi sono le sue lettere, anche quando, come l'ultima sua, invece di darmi notizie dettagliate di quanto mi sta francamente a cuore, cioè della salute di Lei, mi parlano di cose che proprio sono di picciolo affare- Poiché nel caso suo si dovrebbe proprio dire "de minimis non curat praetor" che ben altri grattacapi Ella ha, che non le Tosche, i Moranzoni, i Dal Vermi ecc. ecc. Certamente le opere che si stimano vanno date con tutti i riguardi, e questi io li ho in particolare per le opere del carissimo Sor Giacomo mio!- Cosi, pel Dal Verme, prima di accettare, ho assunte informazioni, e ripetute, ed esaurienti: veda combinazione!..

La Giacchetti, della quale ho ottimissime informazioni da Napoli e Palermo, che non sono Pratocentenaro e Golasecca, è 0 a Firenze!!- Il Moranzoni, che dirige con successo parecchie opere, e precisamente Tosca a Venezia, che non è Marsicovetere, diventa un asino a Pisa, tanto ch'è un miracolo che non l'hanno cacciato al Cellulare, a giudizio di quel Sindaco!....

Ma, caro Puccini, chi ha il gusto di venire ad eccitarle i nervi con questi pettegolezzi, che stanno bene fra la virtuosa canaglia della nostra Galleria V.° E.e = ma non presso chi, appena passata una terribile, una pericolosa burrasca, ha bisogno di tutta la calma fisica e morale per ricondurre il proprio organismo a quella invidiabile prosperità dell'innanzi?- Questo è il punto vero, unico, fisso, indiscutibile sul quale devono convergere tutte le forze sue, sul quale convergono tutti i desideri di chi veramente lo ha in cuore con stima ed affetto.

Il resto, è cosi piccolo, così miserabile, che si deve benedire colla scopa, magari dalla parte del manico.

Stia certo che Tito, prima di andare a Parigi, verrà da Lei- Io, fra 10, 15 giorni, devo recarmi a Roma: inutile dire che verrò ad abbracciarla e spero, assieme a Giacosa. Ma di ciò a suo tempo. Ora io non dico altro che: Vale- e questo Vale, vale come il più affettuoso saluto.

Suo sempre

Giulio Ricordi