[Settembre 96]

Carissimo Signor Giulio,

a Salso oltreché l'acqua salso-jodica vi è anche della carta giapponese. I misteriosi caratteri debbono certo significare qualche cosa - se sono augurii li contraccambio col gentilissimo Suo telegramma di jeri.

L'artrite mi è data fuori con una violenza enorme. Dopo 4 bagni a stento mi reggo in piedi e soffro anche orribilmente. Il Dottore dello Stab[iliment]° mi assicura che è la guarigione.

Nell'epilogo, dopo mature riflessioni, penso che la figura del padre è inutile. Per volere un' effetto di più corriamo il rischio di esagerare.

I cenciaioli, sì, sono necessarii perché altrimenti l'epilogo verrebbe a riuscire quasi una conclusione fantastica, mentre i ceciajuoli appunto vengono a darvi l'impronta di verità umana che ha tutto il lavoro.

Quì nell'epilogo noi non abbiamo più bisogno né di Osaka, né di Kyoto, né del cieco.

Sono già colori adoperati; la nostra protagonista per riescire pietosa non ha più bisogno che di se stessa.

Poi vi sarebbe una specie di ripetizione - ; - del I° atto facciamo viaggiare il cieco dalla campagna alla città, del II° verremmo a farlo viaggiare ancora e sarebbe troppo.

Già di episodii - per la brevità in sé dell'azione - i due primi atti sono abbastanza ricchi; dunque grande semplicità e rapidità nell'epilogo - il quale - secondo me - è forse il più difficile poiché richiede forte, bella, vera musica e perché anche bisogna avere un gran senso musicale e teatrale per la durata della morte d'Iris non potendo essere né troppo lunga, né troppo breve. C'è però l'ajuto del sole e dell'apoteosi dei fiori!.

Da Mascagni niente finora.

Ho scritto a Puccini senza, beninteso, parlare di Giacosa etc...etc...

SalutandoLa affettuosamente

Suo L.Illica

Trascrizione di Archivio Ricordi
Persone citate
Giuseppe Giacosa

Opere citate
Iris

Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 1
Misure 160 X 102 mm

Lettera titolo LLET000212