Data: 16/3/1858



Luogo: Venezia

ID: LLET007098




Eg. Sig. Tito di Gio. Riocordi. Milano
Venezia 16 Marzo 1858
Amico carissimo!
Non mi diedi fretta a rispondere alla tua premurosa lettera, per prendere due piccioni ad una fava e darti ulteriori notizie del Vasconcello. Della curiosa lettera del Mazzucato non saprei dirti di meglio di quanto tu stesso ne pensi: mi pare che il suo pentimento arrivi al grado di ammettere il suo mantenimento al posto di Direttore della tua Gazzetta, anche colla sicura ipotesi dell’altro impiego alla Scala. Per mio conto non saprei che ripeterti quanto ti dissi altre volte, e raccomandarmi sempre a te, alla tua amicizia. Son certo che tu conoscendo la mia condizione precaria e, bisogna pur che il dica, assai compromessa nell’interesse materiale, sarei sempre cordialmente disposto a crearmi una posizione che ambisco come onorifica e desidero pur troppo per le prosaiche ragioni della vita pratica. E ciò sempre non solo subordinatamente ai riguardi che devi all’eccellente Mazzucato, ma a quelli stessi che mi sono sempre imposti per la vera e sentita amicizia che gli professo. Egli un mese fa mi scrisse ringraziandomi del modo con cui aveva accettata la tua gentile offerta, mi prometteva formalmente di rinunciare fra breve per le note, e valide ragioni della doppia incompatibilità, e mi diceva di scrivermi di ciò in appresso. Quando ebbi un’occasione naturale di scrivergli gli feci col dovuto riserbo travedere l’importanza vitale che io attribuiva a questo affare e mi raccomandava ad esso nello stesso modo che il faccio con te; non ebbi più risposta. Per colmo di fatalità in questo periodo di tempo sovvennero altre circostanze più imperiose che reclamano per il mio avvenire una seria e definitiva determinazione. Se avrò la fortuna di abboccarmi con te potrò narrarti con tutta confidenza quello che adesso non potrei dirti che imprecisamente e con troppe lungherie. Io credo anzi che qualunque sia l’esito della pendente quistione, io mi vedrò costretto anche senza uno scopo preciso a tramutarmi a Milano, sperando dalla ventura quello che non mi può offrire la certezza e la stabilità. Ti dico questo sinceramente colla convinzione che il Mazzucato materialmente perde poco, e moralmente occuperà nel tuo giornale un posto degno del suo nome, del suo ingegno, più che mai onorifico.
Se credessi necessaria la mia presenza a Milano, ci verrò assai volentieri col pretesto dell’opera del Lutti altrimenti ti aspetterò a Venezia col Giulio, che desidero vivamente di vedere. Perdonami se forse t’importuno battendo il soverchio su quest’argomento, e agisci come ti suggerisce il senno ed il cuore, che io ad ogni modo te ne sarò riconoscente.
Veniamo ora al Vasconcello. Udita l’opera per intero, di seguito, la mia prima impressione in alcuna parte si mantiene e si conferma, in altra si modifica. L’indecisione della tinta generale m’appare più evidente, e di una certa freddezza ho maggiori sospetti. Udii dei nuovi pezzi che arieggiano troppo il Verdismo: nell’istromentale quantunque accuratissimo, elegante, ordinato trovasi qualche monotonia qualche ripetizione di effetti, qualche leccatura. Vi sono cantilene chiare, graziose, nuove: alcune però trivialucce, o tolte a prestito. Per darti una qualche idea precisa ti farò un elenco dei pezzi con brevi osservazioni e arrischiando (ho il coraggio di farlo) pronostici sull’esito.
1. Preludio. Brevissimo di nessuna importanza.
2. Coro d’introduzione: il motivo della banda vecchio e barocco. Quello del coro sulla scena bello e appropriato alla situazione. Il pezzo è benissimo condotto. Piacerà più per il soggetto molto allusivo che per vero effetto Musicale.
2. [sic] Duetto Ten. e Barit. Primo tempo comune. Adagio bellissimo. Cabaletta vecchia e spezzata. L’adagio dovrebbe piacere.
3. Orgia e brindisi. Il coro brillante se non nuovo: il brindisi di molto effetto.
4. Finale. Uno dei pezzi più elaborati ed ispirati dello spartito. Nuovo di forme, drammatico, e composto su d’una melodia soavissima, nuova. Qui il teatro potrebbe scaldarsi.
5. Coro di donne. Grazioso.
6. Cavatina della Soprano con intercalata una canzone del contralto che ricorda troppo l’Azucena (Stride la vampa). L’adagio dell’aria con cori e pertichino del contralto, squisitissimo. Come accadde nel Boccanegra piacerà più la cabaletta ch’è viva, scapigliata.
7. Duetto tenore e soprano. La situazione espressa con molta evidenza. Bei canti, calore drammatico, sentimento. Ma è lunghissimo e per le nuove forme spezzate di non subita intelligenza.
8. Cavatina del contralto. Questa è la così detta aria del Sorbetto.
9. Pezzo concertato a basso e cori, la caccia Reale. Nuovo di forme affatto, artisticamente il più pregevole dell’opera. V’ha un canto fra mezzo un canto facile che forse il pubblico applaudirà.
10. Romanza del tenore con coro interno di donne del vecchio stampo.
11. Aria del Baritono comune, e una Barcarola del tenore tra mezzo non molto originale ma d’effetto.
12. Duetto fra due donne. Pezzo di egregia fattura e di forme nuove. A me piace moltissimo. Per il pubblico dipende dall’esecuzione.
13. Quartetto. Imbrogliatello e smodatamente Verde. Questo mi è antipatico.
14. L’ultimo pezzo della morte di Vasconcello non potei udirlo. Forse qualcuno ne avrò dimenticato che non ho sotto’occhio il libro.
Infatti e per i meriti reali del lavoro e per altre ragioni estrinseche mi par di travedere se non un trionfo almeno un buon esito. Salvo però di non ingannarmi completamente che non [voglio] fare a fidanza col mio giudizio e molto meno colle impressioni e gli umori del variabile pubblico.
Ricordami ai tuoi di casa, al carissimo Giulio, di cui aspetto i canti Comaschi. Voglimi bene, e se il puoi siimi utile. Con tutta stima ed amicizia credimi
Tuo aff.
F. Filippi
Trascrizione di Giovanni Vigliar

Teatri citati
Teatro alla Scala

Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 2
Misure 228 X 179 mm

Lettera titolo LLET007098