Londra 12 giugno 1882

32 Montague Place. Russel [sic] Square

Caro Giulio!

Ti scrivo poche righe da questa snervante Babilonia per dirti che jeri ho passato la sera dalla Patti, mi sono trovato con Lenepveu il quale mi fece udire la Velleda e specialmente i pezzi nuovi. Ti confesso che ne ebbi una grande impressione, dal punto di vista specialmente melodico e teatrale. L’ultima scena della morte di Velleda è qualche cosa di straordinario. Per quanto sia facile ingannarsi, illudersi da una udizione al pianoforte, mi pare che l’effetto non possa mancare. Disgraziatamente è molto difficile per non dire impossibile ch’io possa assistere alla prima rappresentazione, la quale non potrà aver luogo che ai primi di luglio e a me mi manca il tempo per restare e peggio ancora i quattrini.

Ad ogni modo ti avverto della cosa perché tu possa accapararti [sic] se è possibile il monopolio dello spartito in Italia. Dico se è possibile perché quella ciulla di Lenepveu, e dico poco, ha venduta la Velleda a Chappel [sic] per la miseria di 7000, dico settemila, franchi, e per tutti i paesi. Non mi pare però difficile un accordo come quello che fa Hengel col Sonzogno. Domani vedrò Chappell a cui Lenepveu vuole presentarmi, e cercherò di tastare il terreno. Ad ogni modo tu scrivimi qualche cosa perché possa regolarmi, e disposto, come sempre, a servirti di barba e di perucca.

Ho paura che non potrò nemmeno assistere al Mefistofele del Covent-Garden, il quale pare che non potrà andare prima del 24, tanto più che la Nilsson ha giocato un tiro birbone a Gye ed ora si tratta di dare la parte all’Albani.

Il giorno della mia partenza da qui sarebbe fissato per Domenica ventura (18) resterei due giorni a ristorarmi a Parigi e poi verrei a Milano per il San Gottardo.

Spero che questa lettera ti troverà a Milano reduce di ritorno da Parigi. Rispondimi a volta di Corriere e se ha qualcosa di pressante telegrafami.

Patron bello. Tuo aff.

F. Filippi.