Ai Sigri Gerenti della Ditta G. Ricordi e C.
                Milano
Cari Amici - rispondo con parecchio ritardo alla vostra dell’8 ottobre. La preparazione dei “Cavalieri” a Rovereto e un viaggio di qualche giorno a Carrara mi hanno impedito di occuparmi di qualunque affare prima d’ora.-
Vi dirò subito che dalla vostra lettera traspare un’amarezza che non è punto adeguata al tono forse un po’ energico, ma assolutamente sereno, dei piccoli rimproveri (che voi solennemente, ma erroneamente, chiamate “accuse”) contenuti nella mia ultima lettera. Probabilmente se questi stessi “rimproveri” vi fossero stati da me rivolti a voce – e non per iscritto – non vi sareste nemmeno sognati né di amareggiarvi né di offendervi, tanto più conoscendo il mio carattere franco e concedendo alla mia abitudine di vivere in provincia un po’ di quella sincerità che nei grandi centri e specie nell’ambiente artistico, è completamente abolita.- Voi avete modo di smentire coi fatti codeste famose accuse? ma io non chiedo di meglio che di ritirarle con la stessa buona fede con cui sono state scritte perché sono convintissimo che quando esiste la base di un’amicizia come la nostra, cementata dalle lotte dell’arte e sopratutto dal lavoro, certi piccoli sfoghi dell’anima non possano assolutamente intaccarla e tutt’al più avranno l’effetto di certi brevi temporali che meglio rischiarano il cielo.
Forse la mia lettera vi è giunta in un momento di amarezza, epperò ne avete esagerato il suo contenuto. Ho preso nota dell’articolo del Resto del Carlino che mi avete inviato e che mi riguardava alquanto; ne ho preso nota senza commuovermi o adirarmi, tanto lo scritto di quel signor “Enzo re” mi è sembrato cretino e ingiusto. Io vorrei chiedere a quel signore se vent’anni di studio e di lavoro e tre edizioni fortunatissime di “Francesca” – nell’ultima delle quali io stesso, con dei sacrificî personali di fatica, ho salvato un comitato cittadino da un deficit non indifferente, – non mi devono acquisire il diritto di poter far conoscere ai bolognesi la mia nuova opera; vorrei chiedergli anche con quale incosciente coraggio egli spezza tutte le sue lancie in favore di un compositore dilettante che fino ad ora è riuscito a fare rappresentare la sua opera elargendo larghi sussidî finanziarî alle due imprese teatrali che l’hanno accettata, mentre boicotta i miei “Cavalieri” che dopotutto sono il frutto di un artista che ha dato all’arte italiana parecchi saggi non indegni, fra i quali quella “Francesca” che a Bologna, proprio a Bologna, è nell’anima di tutti. Sono convinto ce basterebbero queste due domande, portate in pubblico, per mettere nell’imbarazzo quel signor giornalista che, fra l’altro, non ha nemmeno il coraggio di firmare col proprio nome le corbellerie che fa pubblicare nel suo giornale. Io non so se voi abbiate risposto a quell’articolo; ma certo avreste dovuto farlo e nei riguardi miei e miei riguardi di G. Puccini, i di cui rappresentanti avrebbero tutte le ragioni di chiedere le 4000 lire a recita visto che oggi molto scalcinati artisti chiedono assai di più.- In ogni modo certi attacchi non dovrebbero affatto preoccuparvi; ma oggi non si lavora tutti a valorizzare la moderna produzione italiana? e per quale ragione vi si dovrebbe dar torto quando usate un po’ di energia con le imprese che sono le nemiche giurate di tutti i giovani autori e di tutta la moderna produzione? Dio me ne guardi dal darvi dei consiglî ma io nei vostri panni ne farei una quistione nazionale cominciando con l’attaccare la Scala che fra le imprese d’oggi è la più pestilenziale. Gli autori saranno tutti con voi e lo stesso governo non potrà che approvare.
Ho preso nota, con compiacimento, delle esecuzioni dei miei lavori che si preparano per l’inverno, Tutto ciò può invogliare anche a lavorare. Voi, come prova della vostra stima e fiducia, mi proponete due contratti ed io non posso che cordialmente ringraziarvi. Ma badate che io più che di firmare contratti ho voglia di lavorare, ed io so per esperienza, che spesso i contratti – con le solite formule del “comune accordo” ecc. – possono immobilizzare un artista per mesi ed anni. Avete dei soggetti da propormi? accetterete, voi, quelli che io stesso vi proporrò? Mi pare che prima di parlare seriamente di contratti si dovrebbe mettersi completamente d’accordo su questo argomento. Nel mio ultimo viaggio a Milano io ho fatto sapere chiaramente in ditta che la mia attenzione si era fissata sopra un argomento che assolutamente mi sembrava degno di essere musicato. Questo argomento era “Giuliano”. Ho parlato anche di un dramma spagnuolo del quale voi avevate promesso di interessarvi. Da allora sono passati tre mesi. Del dramma spagnuolo non ho più saputo nulla. Per “Giuliano” ho dato io l’incarico a Rossato di scrivere il libretto. Ho fatto male? Se “Giuliano” vi piacerà lo musicherò per voi; al contrario lo scriverò per me. Pensate: sono già più di due anni che ho finito i “Cavalieri” e ancora non si è quasi parlato di un’opera nuova. La vita di un artista può essere molto breve; non vi sembra un peccato che io debba perdere gli anni migliori, forse, della mia produzione? Epperò io insisto non tanto sui contratti come sulla scelta dei libretti che devono essere la base dei contratti stessi.
Vi avverto che i giornali hanno pubblicato delle notizie erronee sulla mia nuova opera, della quale non è stata scritta ancora una nota. Ma il libretto è fatto. Se volete interessarvene – e ciò mi farebbe molto piacere – non avete che da rivolgervi a Rossato. Si sarebbe ancora in tempo di discutere il libretto e di tener conto dei vostri eventuali consiglî e suggerimenti. Purché l’argomento vi piaccia. Badate che sottolineo quel “vi piaccia”; perché sono decisamente convinto (dopo il vostro parere contrario al libretto dei “Cavalieri”) di non musicare per voi che libretti che abbiano la piena vostra convinzione di riuscita. Se i contratti obbligano al comune accordo nella scelta, è pur giusto che anche le responsabilità del dopo siano condivise fra compositore e ditta. Garantisco – naturalmente – da parte mia, di non venir meno alla mia sensibilità e ai miei doveri di artista.
Non ho, ora, che da attendere una vostra risposta ed io mi auguro che sia tale da portarci sul terreno del comune accordo che aprirà la via al nuovo contratto.-
Qui i “Cavalieri” hanno avuto un consenso così entusiastico da parte del pubblico trentino che invece di 6 recite se ne sono fatte 8. Si è chiusa così, ieri sera, la stagione con una recita popolare e con un teatro talmente gremito da far temere qualche disgrazia.- L’impresario Rovato, di Verona, è venuto da me per comunicarmi che avrebbe intenzione di allestire i “Cavalieri” nella stagione che si inizierà in questi giorni al Nuovo. Io non l’ho voluto distogliere dal suo proposito e quindi si presenterà a voi per trattare la cosa. Come voi sapete il Nuovo è un  teatro popolare, e per quanto il Rovato abbia serie intenzioni anche sulla scelta degli interpreti io preferirei sempre il Filarmonico. Anche per gli artisti poi, ci sono difficoltà: la Casazza è impegnata alla Scala e Lo Giudice idem. L’opera – specie e Verona – dev’essere presentata molto bene e non so se il Rovato abbia la possibilità di entrare nell’ordine delle nostre idee pur avendone la seria intenzione. Credo, anche, che voglia far dirigere l’opera al Mo Pais, bravissimo giovane ma che non conosce i Cavalieri abbastanza per poterli concertare. Vi prego di esporre – facendole vostre – queste mie idee al Sig. Rovato, cercando magari di convincerlo a portare l’opera, nel marzo prossimo, al Filarmonico.-
E chiudo per oggi inviandovi i miei migliori saluti in attesa di una vostra risposta.
vostro affmo Zandonai

Sacco di Rovereto, 1 novem. 1926.
 

Trascrizione di Diego Cescotti - Biblioteca Civica di Rovereto
Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 6
Misure 281 X 220 mm

Lettera titolo LLET015633