Data: 17/4/1907



Luogo: Milano

ID: CLET001145




Milano, 17 Aprile 1907

Egregio M°. Comm. Giacomo Puccini

T O R R E  del  L A G O

Carissimo Puccini,

              Non ho potuto rispondere subito alla sua lettera dell’11 corr., ma oggi metto per un po' di tempo alla porta tutti i seccatori e dico al nostro buon Doge che una sua lettera di 23 facciate è tale un fatto straordinario da segnarlo in qualche libro d’oro se ne esistessero ancora. Ma io lo segno invece nel mio cuore e questo Le dica il vivo piacere procuratomi dal suo scritto quantunque pieno di ma, di se e di quelle reticenze che da qualche tempo inaridiscono quel bell’albero d'arte ch’Ella ha fatto così gloriosamente fruttificare. Ma ad onta del carattere, dirò così Amletico della sua lettera e cioè del carattere dubbioso che la caratterizza, io veggo a traverso le sue linee non solo un raggio di luce, ma un sole addirittura splendente.

              Mi permetto di constatare un fatto stranissimo e cioè: che io fu sempre contrario a La Femme et le pantin e che per spiegare questa mia contrarietà io dissi precisamente a Lei tutte quelle ragioni che ora Ella mi scrive e mentre prima ero io una specie di Pubblico Ministero, e Lei l'avvocato difensore, adesso le parti sono capovolte. Questo fenomeno, del resto, si è avverato, se non erro, in altre persone: mi pare che il Clausetti al pari di me fosse in origine un nemico del soggetto e che in seguito ne diventasse un ammiratore; questo pure si è avverato identicamente nella persona che tradusse l'originale francese del Vaucaire: infatti, in via di prova, cominciò col solo primo atto e venne a leggerlo a me ed a Tito per vedere se avesse colto nel segno, ma debbo anche dire che facendo questa lettura non si mostrò molto convinto dell'argomento; avendo trovato che la traduzione (se vera traduzione si può dire) superava in efficacia ed in colore di molto l'originale francese, gli si diede incarico di terminare il lavoro e dopo una ventina di giorni il poeta ritornò completamente trasformato, pieno di entusiasmo per la novità del soggetto, certo non privo di audacia, ma che egli giudicava efficacissimo; con tale impressione lesse gli altri due atti che ci entusiasmarono addirittura tantoché, senza nemmeno avvertire Lei (che in questo frattempo poi aveva dato la S.S. benedizione anche a La Femme et le pantin ) subito si fece il contratto di acquisto della traduzione pensando sempre di riuscire vittoriosi contro le sue dubbiezze ed in caso disperato, proprio disperatissimo, dare il libretto a qualche altro Maestro di belle speranze piuttosto che perdere i diritti acquisiti; ma i maestri di belle speranze vanno benissimo; io li amo e, dico il vero, li coltivo sperando in un avvenire che alla mia età non arriverò a vedere, ma intanto è il Doge, è il Sor Giacomo, è il maestro Puccini che posso, perdio, vedere e vedere di nuovo sopra un altare di vera gloria come lui si merita!

              Dunque, è tempo di finirla con tutti questi dubbi: ripeto, Ella è un nuovo Amleto e il dubbio uccide e non vivifica; sì, è vero, Ella ha scelto un argomento non facile, un argomento, se vogliamo, anche pericoloso, ma discutiamolo corpo di bacco, discutiamolo una buona volta! Verremo a fare dei pugni e tanto meglio perché in ogni caso lei mi picchierà più forte che io non possa picchiarli a Lei, ma discutiamo ancora e davanti alle difficoltà prendiamo maggior lena, prendiamo il toro per le corna e avanti dunque caro Puccini, perché davvero è un gran dolore per chi tanta stima, tanta fiducia , tanto affetto ha per Lei, il constatare questi anni perduti, non in ricerche inutili perché le ricerche sono sempre utili, ma in scoramenti malaticci che portano nella fibra dell'artista quel senso di sfiducia che finisce per renderlo nullo e questo non può essere e non voglio sia di Lei!

              Concita, già lo dissi, sotto la nuova veste italiana ha preso un altro aspetto; Concita  riesce  un essere bizzarro, forse inesplicabile, ma appunto per ciò deve tener viva l'attenzione dello spettatore; Mateo non riesce più quel minchione che abbiamo sempre creduto dovesse venir giudicato dagli uditori; non è vero che si tratta di un duetto continuo perché vi sono frammiste scene che eliminano questo pericolo; per me, ciò che richiede la maggior attenzione, è di ridurre a maggiore semplicità, a maggiore facilità di esecuzione musicale e scenica i brani nella fabbrica del tabacco ove si trovano troppi dialoghi spezzati , fatti dire a personaggetti episodici mentre bisognerà, in massima parte, affidarli a sezione [sic] del coro. Lo stesso difetto l'abbiamo nel cafè chantant, ma sono cose facilissime a rimediare mentre che potremo studiare o di rendere ancor più nebbioso il personaggio di Morenito, oppure traendone pretesto per dargli maggiore importanza e così ottenere maggiori risorse musicali. Fose anche la Madre si potrà far comparire un'altra volta se sarà del caso, forse bisognerà in qualche punto trovar modo di esplicare quel carattere bizzarro ed isterico che fa di Concita una cortigiananella-vergine delle più strane; ma questi forse, questi dubbi, questi ma, presto saranno levati quando Puccini non sfugga più a discussioni che potranno durare non solo delle ore, ma anche qualche giorno. Tutti questi ma, questi se, si potranno sbaragliare quando Puccini ritornerà il Giacomo della Manon, della Bohème, della Tosca, della Butterfly, come già ebbi a dirLe più volte e finirà quella vita randagia di spezzate dimore a Milano, di spezzate dimore a Torre del Lago, di tutti quei viaggi di circumnavigazione che lo fecero girare dal sud al nord e che furono forse utili, forse necessarî, ma che ora necessarî davvero non sono più, senza dire che da tutta questa vita agitata la sua salute di certo non ne ha tratto giovamento; e per la sua salute io non temo quando salterà fuori di nuovo l'artista tranquillo, confidente, entusiasta del proprio lavoro che può fare regolarmente, senza affannarsi, sia pure alla sua Torre del Lago ove pur lavorando, acquisterà salute e vigore.

              Io spero che questa lettera così chiara, così convinta e nella sua tal quale acredine, Le proverà di nuovo l'affetto veramente grande ch’ io Le porto, e come già tante volte Le dissi, questo affetto è maturo frutto di inconcussa stima e per l'uomo e per l'artista, quantunque il Doge sia talvolta uno zuccone da far perdere la pazienza anche ad un Giobbe milanese.

              Ben venga dunque caro Puccini a Milano, venga con pienissima fiducia; non c'è premura che, giorno più, giorno meno non conta quando si perdettero degli anni e quando sarà fra le mie unghie Le farò dare lettura di questa Concita e discuteremo e ridiscuteremo e faremo giochi di destrezza e battaglie vere, ma colle vittorie da ambo le parti e con un vessillo tenuto in alto dal Maestro Giacomo Puccini al quale dico, con la più grande  cordialità, arrivederci!

                                                                       [autografo] Affmo

                                                                                                   Giulio Ricordi

Trascrizione di Graziella Bertelli

Tipologia copialettere
Sottotipologia lettera
Scrittura dattiloscritto
Lingua italiano

Lettera titolo CLET001145
Segnatura Volume DOC00987
Anno 1906-1907
Volume 15
Pag 014-017
Nr. pag 4