Roma, 23, III, 907.
Gentilissimo Commre Giulio Ricordi,
Milano.
La ringrazio sentitamente del telegramma che ebbi ieri sera; ma credo di non essermi bene spiegato, dal momento che Ella dice di essersi rivolto per il mio desiderio ai direttori del Covent-Garden di Londra.
Io ho creduto di rivolgermi a Lei, editore, quale arbitro della situazione: è l'editore che deve imporre le sue condizioni e non ha nessun obbligo di domandare alcuna grazia ai direttori dei teatri.
Finora la Sua Casa ha fatto così e non comprendo perché si debba fare a rovescio quando si tratta di me.
Io Le chiesi che mi rispondesse se intendeva di imporre che l'Autore mettesse in scena e dirigesse personalmente l'opera sua; e, in ogni modo, che mi facesse conoscere le ragioni che impedivano un tale atto.
Per questo, mi pare, non c'è nessun bisogno di domandare istruzioni a Londra.
In quanto all'altro appunto riguardante i cambiamenti del libretto, m'immaginavo che questi cambiamenti fossero già a conoscenza Sua; e siccome io non permetterò mai che l'opera mia venga manomessa e trasmodata a piacimento, attendevo da Lei qualche notizia riguardante questi mutamenti; e non supponevo mai che anche per questo Ella dovesse attendere il verbo londinese.
In conclusione, non sono arrivato ad afferrare lo scopo da parte Sua di essersi rivolto a Londra per cose che dipendono esclusivamente dalla Sua facoltà e dalla Sua volontà.
Per conseguenza, resto ancora nell'attesa di una Sua risposta franca e precisa a quanto Le ho già chiesto coll'altra mia datata da Pisa.
Con tutta la stima e coi saluti cordialissimi mi creda
Suo Devoto
= P. Mascagni=