Data: 30/7/1903



Luogo: Roma

ID: LLET010813




Roma, 30 Luglio '903-

Carissimo Comm.re Giulio Ricordi,

so che Ella è fuori di Milano; ma Le scrivo ugualmente perché mi preme di ritornare sul libretto Magìa, specialmente dopo la seduta che ho avuto quì, in Roma, col carissimo Tito.

Le dico, prima di tutto, che il soggetto di Magìa non è originale; esiste già una farsa intitolata La cena infernale che è la stessa identica cosa. Di più, mio figlio Mimì possiede un numero di un giornaletto, Il Novellino, dove, con altri personaggi, è riportato lo stesso soggetto. Tutto questo, però, avrebbe per me (e credo anche per Lei) una mediocre importanza. Al più al più, si potrebbe intitolare Magìa - farsa lirica, e tutto sarebbe accomodato.

Ma le eccezioni più gravi, sono venute fuori dopo la riunione che ho avuto con Tito; e dico riunione perché assisteva anche l'Ing.re Gianfranceschi, sulla cui intelligenza, buona fede ed affetto per me non c'è da dubitare.

Non so se Ella conosce il modo singolare che io uso per comporre le opere: mi leggo e mi rileggo prima di tutto il libretto fino a impararlo a memoria; poi mi metto al piano e leggo il libretto musicalmente, cioè: lo canto improvvisando, e cercando di trovare i movimenti corrispondenti al sentimento della situazione e gli accenti corrispondenti alle parole. Ripetendo innumerevoli volte l'operazione, arrivo a trovare l'espressione esatta ( o per lo meno esatta per me) del sentimento e della poesia, e mi trovo ad avere tutto il lavoro già compiuto, restandomi soltanto l'opera manuale che per me non rappresenta nessuna fatica e nessun pensiero.

Ella, quando venne a Cerignola, mi trovò appunto mentre compievo tutto il lavoro di preparazione per Iris; e leggendo musicalmente il libretto improvvisai allora, in presenza sua, la serenata di Jor, che poi rimase tale e quale.

Tito, a Roma, mi ha trovato allo stesso punto, forse anche un pò più avanzato, tanto che la serenata del Tenore può dirsi ormai fissata.

Ma, ahimè! Il discorso musicale in questa Magìa non cammina, ed io non riesco in nessun modo a farlo camminare. Ho letto musicalmente a Tito il duetto d'amore; e Tito, davanti alla prova materiale, ha dovuto riconoscere che bisogna cambiare la poesia che non scorre, che è inceppata, contorta ed anti-musicale, specialmente se si pensa che la parte lirica del lavoro deve uscire fuori limpida e piana al massimo grado.

Tito, ridendo e scherzando, mi disse che sarebbe ormai tempo che io smettessi di musicare i libretti lasciandoli intatti come li presentano i librettisti, e che dovessi finalmente pensare a farmi correggere e cambiare tutto quello che non mi va.

Ma io non posso e non potrò mai capacitarmi di questa cosa. Io debbo musicare il libretto che mi si consegna;  e debbo trovare l'ispirazione nel sentimento e nella parola che debbo rendere espressivi colla mia musica, non posso pensare a scrivere la musica senza avere la causa, la ragione della ispirazione; non posso pensare, a fare scrivere le parole sotto la musica che io ho già composto.....

Il mio spirito si ribella a tutto questo.

Ma poi Tito mi suggerì di avere un abboccamento col poeta Soldini e mi disse che il Soldini mi avrebbe fatto tutto quello che io potevo desiderare, prima di accingermi a musicare il libretto, che così come è non può essere musicato. (sono parole di Tito.)

Dopo la partenza di Tito, io sono rimasto molto in pensiero ed agitatissimo. L'animo mio è combattuto fra due correnti; ed oggi stimo necessario, per un sentimento di onestà, di aprire a Lei tutto l'animo mio.

Accettando il consiglio di Tito, io dovrei parlare al Soldini e convincerlo a mutare la poesia là dove non si presta alla quadratura ed alla scorrevolezza lirica.

Ma sono certo che il Soldini sarà capace di contentarmi?....Io lo conosco personalmente avendolo accompagnato al piano una sera che cantò (per modo di dire) qualche pezzo in un concerto al Costanzi; e francamente nutro pochissima fiducia in lui. E tanto è più forte il mio dubbio, in quanto che (come mi disse Tito) egli ha gabellato per originale il suo libretto, mentre è una copia esatta di una vecchia farsa.

E se, invece di accomodarlo, egli guasta maggiormente il libretto?...

Dovrei allora rifiutarlo?....Ma io, forse troppo leggermente, ho già accettato questo libretto, ho già firmato il contratto col titolo del libretto espresso e stabilito.

D'altronde, avevo tanta voglia di lavorare; e la Sua idea delle due opere in un atto, una giocosa e l'altra drammatica, mi piacque immensamente.... E mi piace ancora e soffro molto di vedermi sempre inoperoso e di dovere reprimere e soffocare la piena delle idee che mi si affollano nel cuore e nel cervello.

Oppure, dovrei musicarlo così, come sta?..

Ma l'espressione della parola mi porterà a comporre un lavoro che liricamente sarà contorto e sdrucito, e non potrà rispondere al concetto ed all'idea della melodia piana e quadrata. Si aggiunga poi che il lavoro per sé stesso sarà troppo attaccabile dalla critica che troverà la sua origine nella farsa; e non si dimentichi infine quanto sarà attaccabile la mia persona.... specialmente dopo le Maschere.

Insomma io sono combattuto da diversi sentimenti e non so cosa fare. E resto immobile ed inoperoso soffrendo terribilmente.

Mi aiuti Lei col suo consiglio; mi tolga da questa angustia e da questa ansia.

Attendo la sua parola di conforto.

La prego anche di sentire il giudizio di Tito.

Ho creduto mio dovere di scriverle questa lettera.

Intanto La saluto distintamente e mi confermo

il Suo Devoto ed affezionato

= P.Mascagni =

Trascrizione di Archivio Ricordi


Tipologia lettera
Sottotipologia lettera
Scrittura manoscritto
Lingua italiano

Medatadati Fisici
Nr. Fogli 2
Misure 180 X 110 mm

Lettera titolo LLET010813