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Caro Tito

                           Venezia 9 marzo 1856

Ti confermo quanto jer sera ti scrissi per telegrafo.

Tutti i pezzi dove non entrava la Cortesi, meno la cabaletta della cavatina, furono plauditi. Cresci pure mancò alla sua parte; ma Cornago, Pancani, i Cori, l'Orchestra procurarono al Maestro ben undici chiamate, e ti posso assicurare le parti del baritono e del soprano sono le migliori, per cui chiaramente emerge da chi provenisse che l'effetto dell'insieme non fosse quale si era autorizzati ad attendere.

Tutti i crocchi jer sera e questa mattina rimpiangono la sventura del maestro e ammirano come abbia cotanto ancora ottenuto malgrado elementi così incompleti.

La Cortesi infatti ch'è sempre stata a 100 gradi sotto il tollerabile jer sera scese a 200. Cresci dice bene ma non ha fiato, per cui facilmente potrai comprendere la vera storia della prima recita.

Non voglio però tacerti che il pubblico messosi dei panni del maestro, terminata l'opera lo volle salutare due volte al prosceno [sic] quasi giustificando la ragione della propria freddezza in molti punti.

Marzi lo riprodurrà in tutti i suoi teatri il Pietro d'Abano nella prossima primavera.

Tu facilmente ti accorgerai avverate le mie predizioni, che t'inviai colla prima lettera, ed io volli scriverti, perché almeno alle altre relazioni che ti saran giunte o ti giungeranno in proposito ne avessi una di più da porre sulla bilancia, dettata dal solo desiderio di tenerti spassionatamente informato di quanto accadde per tuo governo.

Certo è che quest'opera riprodotta non potrà che guadagnare, perché non vi sarà donna che possa farla peggio della Cortesi, la quale è veramente intollerabile. V'ha un canto fra gli altri in cui la divina tromba di Cagnoni non vale a tenerla in tuono [?]. Da ciò giudica il resto.

Bondì, saluta Cerri e credimi sempre

L'Aff° Amico Tuo

F M Piave