6 Luglio 96
Caro Sor Giulio,
Vi porterò stassera o domattina al più tardi molto lavoro, ma credete che è un’impresa terribile quella di ridurre alle debite proporzioni un’ atto così pieno zeppo di fatti come questo primo. Lavoro come un disperato ma da una parte la chiarezza và rispettata, dall’altra non bisogna che l’atto conti più di 300 versi. E già sono troppi, e non si può ommettere nessun fatto, nessun incidente. Ci riuscirò, ma è un vero supplizio. Più vado avanti e più ardue si fanno le difficoltà. Per carità non vi adirate e non mettetevi di male umore. Faccio più del possibile. Pensate che stamani mi sono lavato alle 4. Ho lavorato fino alle 6 1/2 poi ho accompagnato alla stazione la famiglia che va in campagna ed alle 7 1/2 ero di nuovo a tavolino. E tutto ciò per mettere insieme 8 versi. Ma erano una ventina e bisognava serrarli in otto. Rinnovo solenne promessa di darvi o stassera o domattina una gran copia di lavoro compiuto. Salvo le modificazioni che proporrà il Puccini! Per cui si ricomincierà da capo.
Vostro aff.
Giuseppe Giacosa