Caro sor Giulio,
Ieri fui in letto colla febbre, mi cogliete quindi spossato e poco belligero. D'altra parte la vostra lavata di capo è così furiosa, che non mi resta che rassegnarmi. E sta bene. Il poeta sia pure interamente sacrificato. Già mi indussi ad accettare che due atti fossero pigiati contro il senso comune, in uno solo, mi rassegno anche a questa seconda imposizione, ma non cercatemi le ragioni drammatiche: Pinkerton voi dite, in tale momento non canta. E Cavaradossi, quando riceve l'annunzio della liberazione, vi pare che proprio dovrebbe cantare quei versi:
O dolci mani ecc
che voi ed il Puccini voleste?
Certo erano più a posto questi del Pinkerton.
Quanto alla osservazione delle terzine il cui terzo verso lo aveva voluto il Puccini, voi mi dite cosa che ricordavo benissimo. Ma prima che il Puccini esigesse quell'aggiunta, l'andatura di quei versi era ben differente. Ora è certo che restano lì sospesi e sconclusionati.
Così dove dice: il mio ritratto!
diceva- Il mio ritratto. Svanita è l'imagine
Qual foglia in chiuse pagine.
e allora veniva naturale seguitare:
Tre anni sono passati ecc.
Adesso il salto dal ritratto ai tre anni passati non ha più senso.
Ma ripeto, non importa. Lasciateci i versi falsi e la scena sconclusionata. Pensate un po' se voglio farvi perdere tempo per così poca cosa.
Solo mi riservo, più tardi, quando il libretto sarà criticato come merita, di separare dinnanzi al pubblico la mia responsabilità da quella del maestro. E allora esporrò come stava la scena, e dirò delle mie rimostranze e del poco conto in cui furono tenute.
Ora fate pure macello dell'opera mia.
Vostro affe.
Giuseppe Giacosa