Date: 6/4/1907



Place: Milano

ID: CLET001144




Milano, 6 Aprile 1907

Caro ed amatissimo Puccini,

              Lei sa quanto l’abbia nel mio cuore appunto come fosse un figliolo mio, per cui tutto quanto La riguarda ha per me il primo posto in confronto di ogni altro. È vero che in ciò molta parte ha quella grande stima ed inconcussa fiducia che io ho nell’artista, ma vi ha altrettanta parte l’affetto verso una persona carissima, buona e degna di tutte le migliori compiacenze che possono coronare la carriera e l’anima di un creatore fantastico. Per queste ragioni mi pare superfluo dire quale dolore vivissimo mi pervade vedendo passare giorni, mesi ed anni senza che la di Lei mente, con un tratto di vigorosa volontà, si affermi su di un argomento che, plasmato come la di Lei mente vuole, subito lo rivesta di note senza lasciarsi vincere da titubanze e da quella nebbia di idealità che, scusi la mia franchezza, non mi fanno più riconoscere il Sor Giacomo della Manon, della Bohème, della Tosca ed anche della Butterfly. Io non nego, caro Puccini, la difficoltà di trovare un nuovo libretto sul quale Ella possa scrivere un nuovo capolavoro, ma questa difficoltà sarebbe sormontabile se più ferme fossero le di Lei convinzioni. Ella vide molto chiaramente come io fossi in origine, e per lungo tempo, contrario alla Concita e come, davanti alla sua assoluta volontà di farne un libretto e fatto questo libretto alla volontà espressami nella forma più chiara di musicarlo, io, non solo per deferenza verso di Lei, non solo per la gioia di vederLa sulla via del lavoro fecondo, ma anche perché la di Lei convinzione mi aveva persuaso, io accettai alla fine il nuovo libretto. La lettura di quello francese del resto, mi aveva già fatto persuaso che l’opera poteva riuscire completamente nuova, originale, emozionante e pur rimanendo qualche punto molto incerto, pure, complessivamente, avevo già una visione palpitante di quello che Lei avrebbe fatto. – Ma ecco che al di Lei ritorno dall’America tutti questi bei raggi di sole si oscurarono e si ripiombò nei soliti rifiuti, nelle solite incertezze, e siamo daccapo e precisamente sicut erat in principio. A, perdìo santissimo! questa è una cosa orribile, se lo lasci dire! orribile, ripeto, se lo lasci dire, perché io potrei interpretarlo come un segno d’impotenza!

              Un artista, quale Giacomo Puccini, quando ha afferrato un’idea ch’io vidi in Lei, da Lei accolta col più vivo entusiasmo deve in questa idea persistere perché quando la prima impressione è grande e tenace è quella buona. Che vuole? per questo abbandono di “La femme et le pantin” io penso a mille cose, a mille cause ed arrivo perfino a credere ch’Ella a New York ha assorbito il veleno della pruderie americana che si scandalizza alla Salomé, come gli inglesi si scandalizzano a certe innocue parole, non solo abolite in teatro, ma anche nel frasario comune. Io penso, caro Puccini, che Lei fu influenzato e ha detto tra di sé: Perbacco!  rischio di scrivere un’opera la quale non sarà accettata per le rappresentazioni nell’America del Nord, probabilmente anche in Inghilterra ed infine ovunque regna quella gesuitica pruderie tutta esterna che si sfoga poi, usum “La femme et le pantin” nella confidenza della casa privata! Quest’idea è stata una doccia d’acqua fredda sul calore artistico da cui Ella era invaso, ma io mi domando se questa è una ragione per trattenere un artista dal creare ciò che aveva nel cuore, nella mente, nell’anima e che lo portava a convinti entusiasmi!

              Non mi stupisco di tutta la robaccia ch’Ella riceve da ogni parte comprese le proposte che Le verranno fatte anche da uomini più o meno celebri e perfino da superuomini; alla larga Puccini, alla larga da questi! e comprendo in essi quel Colautti che nasconde l’assoluta mancanza di esperienza teatrale o meglio ancora, di buon senso teatrale, con qualche verso armonioso che davvero a nulla serve se non  a dare polvere negli occhi ai gonzi.

              Il libretto di “Gloria” e la cosa la più sciatta che si possa immaginare per concetto e per svolgimento d’azione senza dire che si inspira [sic], mascherandosi il più possibile, ad un notissimo dramma del Sardou; non parliamo poi, caro Puccini, delle persone colle quali Ella si troverebbe molto a disagio, cosa che assolutamente bisogna schivare.

              Tutto ciò dunque Le scrivo per venire a questa conclusione: se non mi crede già ridotto al cretinismo senile, se non mi crede incapace assolutamente di giudicare per quel pochino di pratica  che ho fatto in cinquant’anni di lavoro, s’Ella dunque questo non crede di me, mi dia una prova di fiducia e cioè, riprenda con tutto vigore, con tutta convinzione, l’idea di “La femme e le Pantin”. E questo a Lei dice chi addirittura si era scandalizzato per tale idea! E perché tale cambiamento? perché saranno una ventina di giorni, mi venne data lettura del libretto italiano di Concita del quale rimasi meravigliato perché, pur essendo quasi una traduzione di quello francese, pure assurge a tale potenza, mette in gioco tali sentimenti strani, espressi in così vigorosa forma, in così efficaci parole, ch’io ne rimasi addirittura sbalordito. Certo, occorrono ancora dei ritocchi qua e là, specialmente nelle scene d’assieme le quali, anche per l’originale difetto del Vaucaire, sono troppo frastagliati [sic], troppo sminuzzati, quindi difficili per la tessitura della stoffa musicale che li deve coprire, quindi difficili per l’esecuzione. Ma queste sono inezie; oh, se tornassero i bei tempi nei quali il Sor Giacomo discuteva, leggeva, rileggeva, mi esprimeva i suoi desiderî, le sue vedute e così da questo contrasto di parole ne usciva una perfetta consonanza di idee che io poi vedeva con meraviglia, con stupore, con allegrezza grande, dipinte colla più simpatica, colla più attraente tavolozza musicale! Oh, tornassero quei bei tempi! Ed allora gli argomenti si troverebbero, ed i libretti si farebbero, e si discuterebbero, e si migliorerebbero e si musicherebbero e con tutti questi ebbero infilzati, i suoi amici avrebbero la gioia di vedere il di Lei nome portato ancora più in alto!

              Ella mi osserverà: E perché, se già da molti giorni Ella ha udito il libretto italiano (e noti che il povero sior Pantalon che è l’Editore ha già acquistato con qualche biglietto da mille la tradizione italiana) non me ne scrisse? Non lo feci innanzi tutto perché Ella mi aveva annunciato una breve assenza e quindi speravo ricevere da un giorno all’altro due righe sue che mi avvisassero del di Lei ritorno e non lo feci anche perché ero tanto sfiduciato che ritenevo davvero inutile venire a Lei con qualsiasi proposta. Ma guardi fenomeno strano di contradizione: precisamente la di Lei lettera del 4 ch’io chiamerò “lettera sfiduciata” mi ha dato tutta la fiducia e perciò Le ho scritto la presente e Le dico: quand’è ch’Ella fa conto di tornare a Milano? Fra 8, 10, 15 giorni? Me lo dica ed io preparerò la lettura del libretto italiano di Concita, ed io vedrò il M° Giacomo Puccini entusiasmarsi e cacciare finalmente a calci in ogni parte, quei fantasmi del dubbio che troppo a lungo Le hanno impedito il lavoro il quale sarebbe anche un ausiliario potente alla di Lei salute, poiché il bel lavoro della mente e del cuore non è già la fatica dei viaggi, delle prove, delle messe in scena e di tutte quelle diavolerie delle quali bisogna usare con parsimonia.

              Leggo con piacere ch’Ella intanto si gode il riposo e la calma della sua Torre del Lago, il che mi persuade che la di Lei salute è ottima e questo è l’importante, mentre fa immensamente lieto il

Di Lei affezionatissimo

[autografo] Giulio Ricordi

M° Comm. Giacomo Puccini

                                          Torre del Lago

Transcription by Graziella Bertelli


Typology copialettere
Sub-tipology letter
Writing typescript
Language italian

Letter name CLET001144
Volume Signature DOC00986
Year 1906-1907
Volume 14
Pag 290-294
No. pag 5