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Place: s.l.

ID: LLET000159




Carissimo amico. Potevi risparmiarti la briga di far trascrivere quel capolavoro che è la lettera del Brunello. Giulio ha il buon tempo di prendere sul serio le lamentazioni di un impresario?  Tu quoque Iuli? Io a Trieste ho mantenuto al di là di ciò che avevo promesso alla Direzione Teatrale. Quando questa mi scrisse invitandomi, due mesi or sono, io risposi che avrei assistito per fare atto di responsabilità (precise parole) alla prova generale e alla prima rappresentazione. Ho assistito all’antiprova, alla prova generale, alla prima e alla seconda rappresentazione.  Sono stato cinque interi giorni a Trieste invece di tre. Se quei Signori volevano darmi un banchetto sulla testa dovevano far ciò o prima dell’andata in scena come fecero gli Anconitani o il giorno della 1a rappresentazione, visto che oltre quel giorno la mia promessa cessava ed io ero in pieno diritto di partire. Non partii, assistetti alla 2a per essere cortese con Faccio e Fabricci che furono cortesissimi con me. Dopo la 2a c’erano due giorni di riposo ed io m’avevo preso in grazia di quello zeffiretto gentilissimo e tiepido che si chiama Bora una nevralgia facciale delle più violentI, circostanza che mi spinse a valermi del mio perfettissimo diritto di far fagotto. Non partii segretamente, la sera della 2a rappresentazione regalai un fiorino a ciascun corista (70 fiorini) e diedi altre mancie sul palco scenico. Annunciai ad altre persone la mia partenza, gettai le braccia al collo a Faccio e a Fabricci dicendo ad essi che partivo all’indomani. Faccio e Fabricci strepitavano perché non partissi, ma io partii perché né colla direzione né col pubblico non avevo obbligo veruno di rimanere a Trieste, e con casa Ricordi neanche. Quando si stabilì la convenzione delle trecento Lire per Ancona e delle trecento per Trieste si stabilì che io avrei assistito in queste due città alla prova generale e alla 1a rappresentazione. In Ancona nessuno si meravigliò di vedermi partire, anzi di buon mattino salutai l’Hofmeister e il Pecori alla stazione.

Quei Triestini mi pajono assai minchioni. Del resto il Brunello inventa una catastrofe la dove non c’è di offesa neanche la coda d’un gatto. Egli dice che alla 2a rappresentazione c’era ½ teatro eppure a quella rappresentazione io assistevo in carne ed ossa, e la mia carne e le mie ossa non han saputo far riempire il teatro. Fatto che mi dimostrò l’inutilità ridicola del rimanere ancora a Trieste. Il perché dei mezzi teatri non è già la mia assenza ma bensì quei tre fiorini che si pagano per entrare in sala e sedere e quei due fiorini che si pagano per restare in piedi. Vedi stagione d’Ancona. Né Brunello né Pecori non sanno ancora fare gli impresari.  In una città dove nel mese scorso s’è perduto un milione e mezzo alla borsa (parlo di Trieste) e dove il pubblico è composto di commercianti e di boursicotiers non si aumentano i prezzi dei teatri. Quello sciocco di Brunello scrive che io gli feci proteste di affezione! e quando e perché? forse perché mi ha accalappiato in quel famoso 25/2 alla Scala? A Napoli dove io metterò in iscena l’opera da capo a fondo e dove mi soffermerò un buon tratto di tempo assisterò alle tre prime rappresentazioni come feci a Roma a Torino ecc. Ma a Trieste dove tutto era fatto e pronto quando giunsi sarebbe stato sommamente indecoroso e ridicolo ch’io mi fossi fermato per mostrare il mio muso come una belva feroce. Ho fatto bene ad andare, ho fatto bene a partire. La mia condotta fu ragionevolissima, perfetta, innataccabile. In nessun luogo mai ho preso congedo dalla stampa, né dalle Direzioni, ne da l’impresario. Essi fanno il loro mestiere, io faccio il mio.

Ciò che più mi duole si è che a Trieste in causa di quelle benedette mancie ho speso molto di più di ciò che credevo. Ti prego dunque di spedirmi Lire trecento del mio avere. Io avrò allora ricevuto da Ancona ad oggi L. 600 del dividendo comune e L. 600 del mio dividendo personale.

Ritornerò a Milano per non muovermi più, e per viver tranquillo lavorando, fra una settimana.

Bene quella risurezione del contratto di Varsavia!

Dirai a Giulio che s’egli non fosse il mio Giulio mi sarei adirato con lui per ciò ch’egli si sarebbe adirato con me se io non fossi il suo Arrigo.

Ciào, caro Tornaghi, a rivederci presto.

tuo

affezionatissimo  

Arrigo Boito

Transcription by Elisa Bosio
Named people
Giuseppe Brunello

Typology lettera
Sub-tipology letter
Writing manuscript
Language italian

Physical Attributes
No. Sheets 2
Size 125 X 102 mm

Letter name LLET000159