Sigr. Ricordi

 

Jeri vi ho scritto che la sera sarebbe andato in iscena il Ballo in Maschera, a S. Carlo, malgrado la mia opposizione, perché non vedeva sul palco scenico quell’accordo necessario; infatti non volli firmare il permesso della rappresentazione; e mi protestai innanzi a Sei o Sette cento persone che assistevano alla prova generale. Ma ho il piacere di comunicarvi che jeri sera ho avuto una piacevole smentita; non mi aspettava una sì bella e precisa esecuzione. Dell’orchestra non parlo, perché ha fatto miracoli, e voi lo sapete che questa, [****], da farne, dei miracoli. Avrei voluto Verdi a questa rappresentazione, l’insigne maestro non avrebbe mai creduto che con due sole prove intere l’orchestra eseguirà la musica così ammirevolmente. Che precisione! che brio! che unione! e quanta nettezza nei coloriti! e poi come fu attenta alla mia condotta: l’effetto del dramma che si svolgeva sotto i miei occhi mi consigliò di cangiare, là per là, tre tempi stabiliti diversamente alle prove, come altri coloriti che l’orchestra, come i cantanti seguirono immediatamente come i desideri, quasi nell’istesso tempo ch’io li concepiva!! Che entusiasmo ha mosso il finale secondo, quello che a Milano poco si gustò: suppongo che là il difetto provenisse dal tempo preso: nei grandi teatri questo pezzo magnifico se si sbaglia di un pelo nel movimento, è perduto; se si prende troppo allegretto cadiamo nel comico deciso, se troppo sostenuto cadiamo nel languido, tanto contrario a quella posizione. Jeri sera più che mai mi sono convinto che il Direttore d’orchestra deve seguire attentamente l’interesse progressivo del dramma e correggere sul momento le piccole convenzioni fatte freddamente alle prove, altrimenti l’interesse drammatico soffrirebbe. Ma per far ciò necessita un Direttore che abbia gusto e cuore, e che goda cieca fiducia di tutti gli artisti messi sotto la sua dipendenza

I cantanti, cominciando dal tenore Tiberini e terminando all’ultimo corista, nulla lasciarono a desiderare, cioè io avrei desiderato qualche cosa di più nei due cantanti che eseguirono quest’opera altrove, mi aspettava che capissero meglio la loro parte. È probabile che l’orgasmo di una prima rappresentazione abbia loro nuociuto, e che domani li troverò al livello degli altri; ad ogni modo però concludo che faccio malissimo a non farmi sentire prima le loro idee, poco rispondenti a quelle di Verdi. Voi mi direte: E siete andato in iscena! Oh! quante cose potrei narrarvi sui pettegolezzi teatrali, che neppure oggi, al 1862, vollero abbandonare i Signori virtuosi. Ma, basta; siamo andati benone, e dimentico fin le crudeli pene che mi hanno fatto passare, oggi non ricordo che la gioja del conseguito successo.

 

Abbiatevi i miei più cordiali saluti, e se scrivete all’egregio Sig. Verdi assicuratelo che tutto quel pochissimo ch’io poteva fare ho fatto per la magnifica sua opera, solo mi è rincresciuto il breve tempo che mi concessero per metterla in iscena; quel lavoro meritava altre serie prove, buono che i componenti l’orchestra e i cantanti indistintamente han rivaleggiato meco d’impegno nell’esecuzione.

Vostro Affto

Niccola De Giosa

Napoli 19 Febbrajo

1862