Caro Tito!

Da casa, 18 Maggio 1858

Esaminai l’opera del D.^r Ferrari. Le prime parti mettono a nudo le molte piaghe dell’attuale organismo teatrale-musicale. Le ultime espongono i modi di sanarle. Mancherebbe per altro un ultimo libro, che l’autore, per motivi suoi particolari, non intenderebbe pubblicare che più tardi.

Del resto non vedo in detta opera nulla che possa compromettere la tua posizione. Vi ha qualche lamento, è vero, contro gl’impresari, ma i biasimi principali sono scagliati contro l’istruzione, l’educazione musicale in genere. Vi sono delle esagerazioni, delle vedute strane, delle ripetizioni, v’è, come a dire, qualche anacronismo, proveniente dall’essere l’opera scritta già da alcuni anni (anacronismi a cui l’autore rimedierebbe), ma trovansi pure delle grandi verità, esposte inoltre con rara vivacità e focosa vigoria di dialettica.

Io non saprei così lì per lì giudicare dove, quando e quanto possa essere attuabile il progetto del D.^r Ferrari. Checché ne sia, è indubitato che l’opera si legge con avidità dal principio alla fine, e che in conseguenza è probabilissimo di ritrarne non poco lucro.

Il Ferrari mi incarica dirti che egli deposita presso te o me il manoscritto per un pajo di settimane circa, entro il qual termine tu ti compiacerai di prendere una risoluzione: che abbisognando egli al momento di una sommetta onde regolare alcuni interessi, un centinaio di fiorini, ti pregherebbe a volergliela sborsare; somma, la quale dopo le due settimane o figurerebbe a conto di quella dovutagli a termini del contratto progettato, qualora il contratto si stipulasse, o che in caso diverso egli ti restituirebbe all’atto della restituzione, per parte tua, del manoscritto.

Scriverò volentieri qualche cosa intorno al contegno schifoso del giornalismo viennese, ed attendo perciò la traduzione dei frammenti più importanti.

Di fretta, addio di cuore

Tuo aff.

A. Mazzucato