Napoli, 14 Novembre 1919.

Sigg. G. Ricordi & C.

Milano

Leggo sul “Corriere della Sera” l’annunzio della prossima apertura del Teatro Dal Verme e il relativo programma di opere. Sono però dolorosamente colpito dal notare come il mio Ramuntcho, insieme all’altra novità, vi è annunziato con un “si calcola anche di mettere in scena” che mi lascia assai perplesso. So, purtroppo, il modo onde tali reticenze vanno interpretate e sogliono finire: la soppressione per ... forza maggiore arbitrariamente e in mala fede addotta dalle Imprese.

Non vorrei che con codesta abile scappatoia l’egregio Sig. Poli ci faccia gabbati e contenti giovandosi altresì delle agevolazioni di cui la Ditta lo ha favorito per indurlo a montare la mia opera e rimangiandosela all’ultimo momento con una scusante qualsiasi. Mi avete, a suo tempo, fatto sapere che il Ramuntcho si sarebbe dovuto dare durante il prossimo carnevale e non oltre, mentre l’altra novità era impegnata per l’autunno. Ora bisogna considerare che è appunto la stagione autunnale quella che ha subito i danni dello sciopero relativamente al corso delle recite e, se mai, solo delle opere destinate per tale periodo si potrebbe ammettere la soppressione. Non comprendo perciò in che cosa consista quel “si calcola” relativamente al “Ramuntcho”.

O meglio lo intuisco, con giustificato timore, riferendomi alle inveterate consuetudini delle Imprese a danno delle opere nuove, perché nell’ambiente del Teatro cambiano gli uomini ma non le procedure e i sistemi. Mi auguro che il Sig. Poli abbia davvero la buona volontà di montare la mia opera e son certo che a questo stato d’animo contribuirà la pressione autorevole che può esercitare sulla stessa piazza la Ditta, onde l’impegno sia realizzato. In tale fiducia e nel personale interessamento dei vs Sigg. Gerenti e miei cari amici Clausetti e Valcarenghi io conto perché la mia opera venga finalmente, dopo tanta attesa, rappresentata. Coi migliori e più cordiali saluti credetemi

vostro [****]

= Stefano Donaudy =