Date: 17/11/1867



Place: s.l.

ID: LLET006791




Domenica sera.

 

Giulio mio. Ho provato un senso di vera e profonda tenerezza leggendo quest'oggi la tua lettera, ed ora ho proprio bisogno di scriverti due righe per dirti che accorato, avvilito, prostrato dalla lotta dell'arte e dell'esistenza, ho però sentito un fremito di vita salirmi pel viso alle tue buone e fraterne parole. Qualunque cosa avvenga di me, credi pure Giulio mio ch'io non cesserò mai di benedire al tuo carattere nobilissimo, e all'amicizia devota e sincera colla quale ti sei adoperato sempre con tanto desiderio del mio bene. È vero, stavolta il colpo è stato fortino; pure bisogna piegare davanti alla fatalità delle circostanza che la vollero di lì. Senti Giulio, ho una spina nell'animo e debbo proprio levarmela di dosso. L'altro giorno quando alla firma del contratto pel Don Carlo tu hai parlato ancora in favore dell'Amleto, il Bonola ti sciorinò giù le tante belle cose che mi hai riferite nella tua lettera. Ebbene, quelle tante belle cose mi danno un fastidio indicibile, e le rigetto come si rigettano gli scherzi fatti senza garbo in momenti inopportuni. Per quanto riguarda la promessa di dare l'Amleto l'anno venturo col Tiberini riconfermato, è inutile dire che per me codesta dichiarazione non ha alcun valore, visto che le lusinghe prodigate dallo stesso Bonola al Tiberini a Parigi furono poi messe nel dimenticatoio a Milano. Ma vi ha di più. Il Bonola non può ignorare che un contratto col Tiberini è impossibile per un teatro ove non canti anche la sua signora; ed è noto che la Tiberini non accetterebbe più una scrittura costì qualunque fosse il compenso che le venisse offerto. E allora? Vedi dunque che le belle parole del Bonola sfuggono alla riflessione, e che ho il diritto di rigettarle come quelle che aggiungono lo scherzo ai disinganni che mi hanno già abbastanza amareggiato. Il solo, l'unico efficace conforto lo trovo nella sicurezza della tua stima e della tua amicizia. Gli è da questa, Giulio mio buono, che io voglio attingere la fede in un avvenire meno tenebroso, e però avrò pazienza, come tu dici, e anderò via ancora, a battere la solfa, pensando alla mia Chiarina, e ai miei poveri vecchi che da per tutto mi accompagnano col loro affetto e colle loro benedizioni. Salutami Tornaghi e Ghislanzoni, e ringrazia quest'ultimo dello schietto e gentilissimo articolo. Stai sano, ed abbiti cento baci dal tuo.

F. Faccio

Transcription by Nicolò Cicchetti


Typology lettera
Sub-tipology letter
Writing manuscript
Language italian

Physical Attributes
No. Sheets 1
Size 210 X 135 mm

Letter name LLET006791