Caro Signor Tornaghi:

Lecco 4 Giugno [73]

 

Debbo chiederle un favore, e tanto Ella come Giulio non vorranno negarmelo. Mio cugino Giacinto Ghislanzoni persiste nella sua idea di cantare a Lecco, e precisamente nell'opera del Cagnoni Un capriccio di donna. Scalari gli scrive che tutte le difficoltà consistono nel veto della casa editrice, e che una volta levato questo veto, sarebbe affare concluso. Naturalmente, mio cugino venne da me per ottenere che io intercedessi nella quistione, ed io non solamente intercedo, ma prego quanto so e posso in favore del detto mio cugino. Voglio sperare che Ella darà immediatamente di piglio alla penna, e scriverà al Signor Giacinto Ghislanzoni che da parte della Casa editrice non si faranno ulteriori difficoltà. Nel tempo stesso si trasmetterà al signor Giacinto Ghislanzoni in Lecco la parte di Giuliano nel Capriccio di donna perché la legga e veda se più o meno gli convenga. Ciò che preme è che la quistione sia trasferita immediatamente sul suo vero campo; vale a dire che venga risolta fra i due che vi hanno il maggior interesse, l'impresario e l'artista. Io sono stanco, nojato, ristacco della parte che mi si vuol far giuocare in codesta vertenza. Dopo tutto, è mia opinione che Giacinto Ghislanzoni non sarebbe un cattivo tenore per Lecco, e che in questa occasione metterebbe nell'adempiere a' suoi impegni un buon volere, uno zelo, direi quasi con accanimento inusitato.

Caro signor Tornaghi:

Ho riflettuto a tutto. Conviene assolutamente che la Casa editrice levi il veto. Attendo quindi una sua lettera in questo senso, una lettera di poche righe chiara, esplicita, tale da potersi trasmettere all'artista in questione. Nello stesso tempo mandi la parte di Giuliano e dica allo Scalari se lo crede, che da parte della Casa più non esistono difficoltà. Su ciò che in seguito potrà accadere non è mestieri occuparci per ora. Salutandola, le accludo [*****] = Come sta il piccolo Tito?

Di lei aff.

A Ghislanzoni