Pesaro, 12 aprile 1929
Carissimo Don Carluccio - vi unisco qui due telegrammi. Come immaginavo, Lecce non mi dà tregua! Alla voce dell'ineffabile Marchese sarei disposto a dare poca importanza, ma mi duole di mettere in un serio impiccio l'amico Ferone epperò vi prego di consultarlo per vedere di trovare insieme una soluzione che non butti a mare il mio desiderio di assistere alla prima di Francesca scaligera. (Spiegate a Ferone le ragioni per cui vorrei non rinunziare a Francesca, ragioni che sono più forti del desiderio di sentire la mia opera, ormai vecchiona e scocciantella alquanto!...)
Ammesso che – come assicura il rappresentante dell'impresa Romanazzi di Milano – il Narducci mi preparasse l'opera sul serio, perché non potrei io arrivare a Lecce il giorno 20 (partendo da Milano venerdì 19) e lo stesso giorno, fra il pomeriggio e la sera, passare tutta l'opera? In tal caso l'impresa dovrebbe rinunziare alla recita del sabato (giorno 20) per andare in scena la domenica del 21. Avrei modo sempre di dirigere tre recite della mia opera i giorni 21, 23 e 25; il 26 mattina ripartirei per trovarmi a Pavia il 27 mattina. Sottoponete questo mio progetto all'amico Ferone e se Romanazzi lo accetterà tutto sarà accomodato. Altrimenti il problema si risolverà o piantando la Scala o piantando Lecce. È inutile che il Marchese parli di contratti che non esistono ed è anche sciocco che egli voglia fare la voce grossa dopo avere agito con me assai scorrettamente. Fido molto nell'amico Ferone che, per fortuna, nemmeno fisicamente assomiglia al bel Marchese... Telegrafatemi o telefonatemi nel pomeriggio di domani poiché sarò sempre in casa.-
Affettuose cose dal vostro
affmo Riccardo